Quale miglior modo per raccontare la musica, se non intervistando i suoi principali attori in 5 domande.
Questa “rubrica nella rubrica” si sposta a Salerno per conoscere e raccontare il talento di Carlo D’Aniello in arte Cyranò Vatel.

  1. Cyranó Vatel chi sei, parlaci di te?
    Sono un musicista jazz con poche pretese ma tante aspettative da cogliere dalla vita di ogni giorno.
  2. Come è iniziata la tua passione per la musica?
    Con un sorriso posso affermare che è nata durante l’adolescenza per dedicare una canzone romantica (mai scritta in seguito) per una ragazza con cui oggi condivido una grande amicizia.

Devo molto al mio primo insegnante di chitarra Roberto Casaburi e colgo l’occasione per ringraziarlo.
Con Roberto ho affrontato lo studio del rock e del blues ed è proprio approfondendo quest’ultimo genere che ho studiato e scoperto Steve Ray Vaughan e tramite lo studio della vita e dei gusti musicali di questo grande chitarrista ho scoperto Joe Pass e la bellezza immortale di Django Reinhardt.

Da lì il jazz è entrato nella mia vita e non è più uscito.

  1. Quale è stato il tuo percorso e quali avvenimenti importanti ci vuoi raccontare?
    Ho frequentato il Conservatorio di Salerno che in piena onesta non mi ha entusiasmato molto ne penso mi abbia dato, salvo qualche maestro, le nozioni che poi nel privato ho ricercato e approfondito in modo efficace.
    Ho perfezionato il mio estro tecnico\musicale ascoltando e divorando tanti dischi, trascrizioni, libri di teoria musicale.
    Fondamentale è stato acquisire un metodo di studio che mi ha permesso di comprendere il linguaggio musicale e d’improvvisazione metodo che tutt’ora perfeziono sia per me che per i miei allievi.
    Ho avuto la fortuna di interfacciarmi con tantissimi artisti nazionali e internazionali è di questo ne sono davvero felice.
    Uno dei momenti più belli che voglio condividere è stato suonare con una leggenda come Dorado Schmitt e suo figlio Samson al festival jazz di Petralia Sottana.
    Non è stato tanto il concerto in sé quanto il dopo concerto dove ci siamo ritrovati in osteria a bere, mangiare e suonare fino a tarda sera.
    Li ho capito davvero il rispetto per la musica e lo spirito gitano.
  2. Progetti futuri?
    Portare in giro il mio primo cd e pubblicarne altri due con brani inediti oltre continuare a girare l’Italia e il mondo attraverso i live.
    Sicuramente in cantiere c’è un disco dedicato al grande Django Reinhardt ma non come ci si aspetta.
  3. Com’è nata l’idea di JamManouche e che riscontro stà avendo con il pubblico riscoprire questo stile musicale e sonorità?
    Viviamo in un contesto dove la gestione della musica jazz è una casta gestita con uno spirito di nonnismo da parte della “vecchia guardia” ed è una cosa particolarmente accentuata in Italia e al sud ancor di più e questo posso affermarlo serenamente.
    JamManouche è un’idea nata per creare luoghi di incontri e permettere ai musicisti giovani di poter esprimersi e fare passo dopo passo la gavetta giusta per poter affrontare ambienti col tempo sempre più elevati e stimolanti.
    Il direttivo di JamManouche in modo particolare tende anche a creare circuiti musicali sereni creando valore sia per le attività commerciali che per gli artisti nazionali e internazionali che abbiamo la possibilità di portare in regione per arricchirla d’arte e far interfacciare le diverse realtà del mondo con i musicisti locali.
    Per quanto riguarda lo stile jazz manouche devo dire che il pubblico è sempre più entusiasta di scoprire/riscoprire queste sonorità dando una marchia in più al progetto JamManouche ed alla mia passione per questo stile musicale.

Intervista di Silvano Santacroce.

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