Carmen Rap
Luca De Lorenzo
Bass/Baritone, nato a Napoli nel 1987,si è diplomato presso il Conservatorio San Pietro a Majella ed in scenografia all' ABANA. Ha debuttato come cantante in diversi ruoli in teatri italiani ed esteri, dirige Festival musicali, si occupa di scenografia e regia. Come Attore ha lavorato per il teatro e la televisione. Si occupa di divulgazione musicale in teatro e nelle scuole.
Gran Ritorno della Carmen Rap alle Officine San Carlo.
Lei è Carme’, portoricana a Castel Volturno. Non è più gitana ma legge le carte ed è ballerina, o meglio cubista, ragazza immagine in una discoteca-lido. Don Josè è ora Giuseppe, uno sbirro mammista. Zuniga è diventato Zurzolo ed Escamillo è un trapper, lo chiamano ‘O Torero per come «mata» le platee. È la “Carmen Rap”, versione moderna e in salsa campana del capolavoro di Bizet.
Lo spettacolo va in scena l’8 marzo alle 20.30, in replica domenica 9 alle 17. Musiche e testi sono di Luca Caiazzo, in arte Lucariello, la drammaturgia è di Federico Vacalebre, mentre Michele Sorrentino Mangini firma la regia. Le musiche verranno eseguite da un ensemble del Teatro di San Carlo. Xana Vazquez de Prada darà volto a Carme’, Giuseppe è interpretato da Alessio Sica, Vincenzo Bove è nei panni di Zuniga, mentre O’Torero è Oyoshe Waza (rapper nella vita).

Si aggiungono al cast Chiara di Girolamo (Mercedes) e Noemi Gherrero (Tessy), Lorenzo Vacalebre (O’ Tricc) e Marco Antonio Vincenzo Ferrante (O’ Tracc). Completano Gianfranco Matonti (Don Pasta), Josepha Pangia (Una ballerina) e Francesco Barra (Un poliziotto). Condivide il palcoscenico il Coro composto dagli allievi dell’Officina Carmen Rap. Le scene di Fabio Marroncelli sono state realizzate da Anna Nasone con gli studenti dell’Officina di Scenografia. Giusi Giustino, che firma i costumi, ha lavorato con gli studenti dell’officina di Sartoria Teatrale Circolare; luci di Nunzio Perrella.
Non è una data casuale quella scelta per la rappresentazione: un modo per partecipare alla giornata della donna è assistere a quello che si trasforma in un potente grido contro il femminicidio.
«Nel mondo alla fine del mondo di Castel Volturno, fuori dai margini di quella che chiamiamo società civile, va in scena ancora un femminicidio, una storia d’amore e di libertà che non viene concessa, tra pusher e donne sfruttate, slang napoletano e linguaggi di terre lontane», dice Vacalebre, che sottolinea le fonti di ispirazione.
La trama è riferita al romanzo di Merimèe, il resto lo attingiamo dai social o lo leggiamo, purtroppo, ogni giorno in cronaca. E quando Carme’ muore “O Torero” è il primo a pubblicare un post di cordoglio. Magari per ottenere like?
«Sì, anche una tragedia come il femminicidio può entrare nella macchina della visibilità.»
A Lucariello l’arduo compito di misurare le sue strofe hip hop con le note immortali dell’Habanera.
«La Carmen non si tocca e per ideare i nuovi brani non mi sono distaccato troppo dal canone operistico: pensiamo al recitativo e a quanto somiglia a un rap. È un incontro tra mondi, la musica classica e il rap napoletano, i piani alti e la strada.»
Per Mangini la lirica è pienamente calata nel nostro tempo.
«Spesso l’opera è sentita come lontana, soprattutto dai giovani, quando studiandola bene si capisce come tratti temi che parlano ancora.»
Un esempio?
«Avevano chiesto a Bizet di non far morire Carmen, lui disse che preferiva abbandonare il progetto pur di non cambiare il finale.»
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