Libri“Carnevale si chiamava Vincenzo. Rituali di Carnevale in Campania”. Introduzione di Jacopo Recupero. Prefazione di Ivos Margoni. Editore: De Luca, 1977.

Unica e insuperata opera per vastità e completezza, il libro “Carnevale si chiamava Vincenzo” che vi proponiamo, risulta ancora oggi essere un lavoro di eccezionale ricerca, condotta magistralmente negli anni settanta in Campania dall’Antropologa Annabella Rossi e dall’etnomusicologo Roberto De Simone.  Gli Autori lavorarono ‘sul campo ‘, con un approccio diretto che permise di scoprire rituali considerati scomparsi fin dagli anni ’50 da studiosi di fama, e che invece scoprirono ancora esistenti, rilevando numerosi cerimoniali drammatici e le loro varianti locali, come le “Rappresentazione dei Mesi”, la “Canzone di Zeza”, la “Morte di Carnevale”, i balli processionali, i rituali di Sant’Antonio Abate, etc.

L’Opera. Gli Autori.

Risultato di una ricerca durata quattro anni, l’opera rappresenta un lavoro incentrato sul tema anche del carnevale, un lavoro che ancora oggi risulta essere insuperato per la vastità e la completezza che lo caratterizzano. Per quanto riguarda l’impianto metodologico e i criteri di interpretazione, questa è stata una delle prime ricerche che tenesse effettivamente conto dell’interdisciplinarietà dell’opera, che qui si manifesta secondo le grandi articolazioni di antropologia, etnomusicologia e psicanalisi.

Al di là dell’aspetto puramente folkloristico, che l’opera nel suo complesso sembra escludere, l’aspetto che più emerge è riconoscere il fenomeno del carnevale in Campania come una delle più ricche espressioni della cultura popolare meridionale, in cui il collettivo e l’individuale, il mitico e il quotidiano, l’economico e lo psicologico si fondono in un vero e proprio linguaggio, in una serie di segni e di simboli dotati di una eccezionale densità semantica.

La novità maggiore, poi, è data dall’apporto della ‘psicologia del profondo ‘, per la prima volta applicato al materiale culturale campano, inteso come forza espressiva di un fenomeno collettivo radicato nel sostrato culturale e tradizionale di un territorio. Gli autori, passano al setaccio aspetti antropologici compiendo un’analisi dei fenomeni collettivi in cui l’individuale continua ad avere un’estrema importanza. Basti pensare al motivo del ‘travestimento femminile’, o a quello della ‘maschera funebre’, che indubbiamente traducono le pulsioni e i conflitti di chi si traveste, nel primo caso, e il tentativo di esorcizzare la paura della morte, nel secondo caso.

Nel libro, per esempio, viene analizzata anche la figura di Pulcinella, che diventa esemplare di un complicato processo di condensazione simbolica dove la morte, la paura, la subordinazione, la nascita, il sesso si traducono in costume, maschera, gesto, intreccio, danza, parola, in un unicum, in cui il soggetto popolare può vivere e leggere le proprie frustrazioni e nevrosi.

Insomma il testo, correlato da più di duecento immagini fotografiche, è una ricerca antropologica dei rituali considerati scomparsi, cerimoniali drammatici e rappresentazioni varie del carnevale in Campania. Il titolo del libro, che rimane esemplare e memorabile nel suo genere, richiama proprio un’antica tradizione orale campana, che si rifà al funerale di carnevale, in cui si si recitava la filastrocca “Carnuvale se chiammava Vicienzo…” e che per tradizione, nel giorno che precede il mercoledì delle ceneri, s’usava per fare gli auguri a chi portava il nome di Vincenzo.

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