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Doc Domi: il rapporto tra uomo e natura poco presente nell’arte

Alessandro D'arienzo

Alessandro D'arienzo

Autore di +Plus! Magazine

Pubblicato il: 10 Febbraio 2025
4 min lettura

Ciao Doc, come e quando ti sei avvicinato alla musica rap? 

Ciao, mi avvicino al rap agli inizi degli anni 90’, ascoltavo quello che arrivava dalle radio e le tv, il primo disco che ho acquistato in musicassetta è stato “Fear of a Black Planet” dei Public Enemy. Ai tempi non esistevano i social media e dunque risultava difficile essere connessi direttamente agli artisti e approfondire il genere musicale a cui si era interessati. Tutto quello che riuscivo ad apprendere sulla cultura hip hop avveniva tramite la pratica dello skateboard oppure attraverso qualche intervista presa da riviste americane e poi tradotte.

Come mai hai pensato di veicolare tematiche di un certo rilievo come quelle del sapere scientifico attraverso la musica rap?

La mia aspirazione non è solo quella di dare un messaggio attraverso la musica rap, mi viene spontaneo toccare argomenti di scienza proprio perché nella vita mi occupo di questo, studio la natura, il mare e gli esseri invisibili del mare che sono una giungla in miniatura e che vive a prescindere da noi. In qualsiasi specchio d’acqua si trova un micro mondo ancora inesplorato e quasi alieno. Ne consegue che scrivo e racconto quello di cui mi occupo tutti i giorni nel mio lavoro. E poi la trovo una cosa molto originale! 

Delle tue opere liriche che si contraddistinguono appunto per tematiche di carattere scientifico ne fai uno scopo didattico?

In parte, come ho già detto il mio rap “scientifico” non nasce solo da questa esigenza, anche se, il mio disco EcoTrip del 2018 è forse l’unico che tocca concetti scientifici importanti in maniera così approfondita e spero anche in un modo poetico. Certo, alcuni testi possono risultare didattici, come ad esempio Plasticology, che racconta la storia della plastica, dal Nobel a Giulio Natta agli ormai tristemente famosi oceani di plastica. Però non pretendo di fare “lezioni”, voglio soprattutto fare rap.

Pensi che la musica sia un mezzo di comunicazione efficace e dunque che possa trasmettere messaggi educativi?

Assolutamente sì. Però, attenzione: si parla tanto di come la musica possa avere una forza didattica essendo un potente strumento di divulgazione, ma io credo che se ti “ordino” di ascoltare un brano per imparare la fisica, non è detto che tu lo faccia. Diverso è il caso in cui in un bel brano musicale, accattivante, trovi anche delle nozioni scientifiche, della cultura. Quello che oggi dovremmo migliorare – e forse anche per questo ci troviamo in una complicata situazione ambientale – è il racconto del rapporto tra uomo e natura, che è poco presente nell’arte.

 Doc

Qual è il sound che ti ispira, quali sono le tue influenze musicali? 

Io sono affezionato a un rap comunque classic, boom bap, questo è il tipo di rap che mi piace fare, prediligo il funk, ho fatto zero pezzi trap, però ascolto tutti i generi di rap. Stimo molto Kendrick Lamar nei suoi momenti trap, secondo me lui è il più grande, ha vinto anche il premio Pulizer, non lo vinci per caso. Ma le mie influenze musicali sono radicate negli anni ‘90. Negli ultimi 15 anni ci sono state cose molte interessanti, come la “rinascita” di Killer Mike, che già collaborava con gli OutKast. Lui è un artista che ha un spessore notevole, bravissimo liricamente e modernissimo nel sound. Sicurante il suo modo di scrivere, la

complessità nel flow mi attira molto. Il rap italiano attuale non lo ascolto abbastanza per poter giudicare.

L’industria produce forse più del dovuto e molto velocemente allo stesso modo il consumatore fa uso sfrenato di quello che il mercato offre in  maniera quasi usa e getta, cosa ne pensi?

Vero, la società moderna è costruita così, produce velocemente per introiettare sempre di più guadagni spesso a discapito della qualità del prodotto. Nel caso della musica, ahimè, non mi pare ci siano più opere che restano nel tempo. Ma è probabile che sia solo una mia sensazione. In Italia ci sono grandissimi professionisti, grandissimi artisti che purtroppo non vengono apprezzati tanto da diventare dei timeless.

Quanto è importante che un artista non mandi messaggi negativi? 

C’è libertà di espressione come quella di decidere di non ascoltare, alla fine la musica non ha necessariamente una finalità educativa. D’altra parte però la musica è anche comunicazione, è in grado di veicolare messaggi che hanno anche la forza di influenzare la società. Quindi, credo che in definitiva sia meglio mandare messaggi positivi.

Come nasce la collaborazione con Fabio Musta?

Con Fabio collaboro dagli anni ‘90, lui ha prodotto il demo dei SangAmaro, il mio primo gruppo rap, insieme a Ghemon. Io e Fabio siamo molto affini.

State lavorando a nuovi progetti assieme? 

Ne sentirete parlare presto 

Foto di Antonio Bergamino

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Buona lettura

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