Un libro inchiesta che si libra in una visione lirica dell’accaduto. L’autrice Maria Grazia Calandrone affronta un viaggio retrospettivo in una dimensione temporale antecedente la sua nascita, per cercare di ricostruire le vicende che hanno caratterizzato le vite dei suoi genitori: Lucia e Giuseppe, di cui non ha ricordo.
Il suo è un viaggio dolorosissimo a ritroso che la conduce ad ” incontrarli” finalmente attraverso la testimonianza di chi li ha conosciuti; un percorso che arriva fino all’infanzia stessa delle persone che le hanno dato la vita. Gli Anni Quaranta, Palata in Molise e gli orrori dell’Ultima Grande Guerra fanno da sfondo e riportano il lettore in una dimensione temporale oscura e violenta.
Lucia, la madre di Maria Grazia Calandrone, subisce le decisioni della famiglia in merito a chi lei debba amare e poi sposare: siamo in un Medioevo culturale e retrogrado non troppo lontano dall’oggi.
Giuseppe, l’uomo amato da Lucia, che diverrà poi il padre naturale dell’autrice, ha fatto la guerra ed è molto più grande di lei.
Maria Grazia nasce da quest’amore disperato e profondo, che all’epoca è considerato reato. Lucia e Giuseppe vivono l’emarginazione, l’isolamento e l’esilio verso Milano, dove però non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro. Il suicidio di entrambi, come ultima spiaggia, è il frutto di un ragionamento estremo e lucido, che li porta a pianificare la loro stessa morte, per poter assicurare un futuro alla figlia di appena otto mesi, adagiata sui prati dei giardini di Villa Borghese a Roma, prima di lasciarsi morire nel Tevere.
Maria Grazia Calandrone, compie insieme a sua figlia Anna, questo delicato e illuminante viaggio nella memoria dei luoghi e dei dati raccolti, per riappropriarsi della consistenza e del vissuto delle due persone che le hanno dato la vita, rinunciando alla propria per amore e solo per amore di lei.
“L’amore di Lucia “per me“, a me in persona sicuramente e semplicemente destinato, sta nel non avermi portata con sé nella morte, sta nel dove non mi ha portata e nel suo avermi riconsegnata alla vita. Alla vita di tutti. Facendo, della mia vita, fin dalle sue origini, vita che torna a tutti.”
Lo stile adottato si avvale di due generi letterari, poetico e narrativo, che si sviluppano lungo un filo elicoidale in cui passato e presente si danno la mano per poter rendere soave la narrazione intensa e dolorosa, che rende finalmente giustizia a tutti coloro che sono stati “uccisi” dalla mentalità e dalle convenzioni di una società chiusa ed impietosa.