Anche questa settimana la mini-rubrica “SorprendenteMente” torna con un argomento dilagante nella società moderna. Scegliendo di non fare polemiche di ogni genere e/o riferimenti politici ecc ecc, toccheremo una delle più dannose piaghe dell’umanità ossia il connubio tra l’ignoranza e l’arroganza. E, detto ciò, sono sicura che, appena lette queste ultime parole, già sia venuto in mente a tutti “qualcuno”. Il contesto storico, politico, economico e sociale che stiamo vivendo, è purtroppo uno scenario che trabocca di tali soggetti che tuttavia, a mio avviso “meritano” una considerazione clinica. Prima di addentrarmi negli studi scientifici di riferimento, è opportuno riportare una frase di Bertrand Russell che, a mio avviso, racchiude in maniera tanto esaustiva quanto lapidaria il concetto che approfondiremo: “Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono molto sicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.”

Ciò detto, è doveroso tirare in ballo il famoso “effetto Dunning-Kruger” che deve il suo nome agli studiosi David Dunning e Justin Kruger i quali hanno studiato ed approfondito una particolare dinamica dove il confronto tra il sé, il contesto, l’altro e le capacità valutativa e auto-valutativa non era scevro da condizionamenti intrapsichici ed interpsichici. Ma è molto più semplice di ciò che sembra. Lavorando per il dipartimento di psicologia sociale della Cornell University, portarono avanti una ricerca con esperimenti ove la tesi da dimostrare risultò coerente con le loro aspettative. In pratica, scelsero un campione di persone a cui prospettarono tre aree di competenza delle quali ogni individuo doveva dichiarare il proprio livello di abilità. Successivamente i soggetti furono valutati in ogni area: nello specifico, capacità di umorismo, capacità grammaticale e capacità logica al fine di verificarne l’effettivo livello e la capacità autovalutativa. I risultati mostrarono uno scenario in cui tutti quelli che si erano definiti “competenti”, in realtà avevano raggiunto punteggi particolarmente bassi, mentre chi si era sottovalutato, aveva, invece raggiunto buoni risultati. In sintesi, dunque, i soggetti meno competenti avevano ambizioni di qualità non supportate da capacità effettive, mentre i soggetti molto competenti tendevano ad una autovalutazione la cui stima era al di sotto delle reali abilità. Nella fase successiva, fu chiesto al gruppo selezionato di ripresentarsi per visionare gli elaborati degli altri e, alla luce di tali dati di confronto, autovalutarsi nuovamente. Secondo voi cosa è venuto fuori? Svelo subito il mistero: non ostante di fronte alle evidenze, gli studenti peggiori NON cambiarono la valutazione precedentemente dichiarata confermando di continuare a sovrastimare le proprie capacità, mentre i soggetti con risultati migliori prendendo atto dei nuovi dati, aumentarono il livello della propria autovalutazione rapportandolo al dato della realtà oggettiva. Quindi, da un lato ci troviamo di fronte ad unOverconfidence bias” ossia un errore di tipo cognitivo che depone per: una fiducia smisurata in se stessi con tendenza a sovrastimare il proprio livello di abilità, svalutazione dell’effettiva capacità altrui, disconoscimento della propria inadeguatezza; possibilità di presa di coscienza di quest’ultima qualora sottoposti a specifica preparazione relativa all’attività in questione. D’altro canto, invece, cioè riguardo i soggetti con buoni risultati, si presenta la “sindrome dell’impostore” o, se vogliamo, “effetto del falso consenso” ove le persone competenti ritengono che tutti possano arrivare agli stessi risultati; in presenza di dati oggettivi che dimostrano la loro effettiva capacità, possono apprezzare le proprie qualità comprendendo anche di essersi sottovalutati.

Tengo a riportare che questa ricerca fu pubblicata nello studio intitolato “Incompetenti ed Inconsapevoli di Esserlo: Come la Difficoltà nel Riconoscere la Propria Incompetenza Porta ad Autovalutazioni non Veritiere” (Unskilled and Unaware of It: How Difficulties In Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments) ove gli studiosi conclusero : “Quando le persone sono incompetenti nelle strategie che adottano per ottenere successo e soddisfazione, sono schiacciate da un doppio peso: non solo giungono a conclusioni errate e fanno scelte sciagurate, ma la loro stessa incompetenza gli impedisce di rendersene conto. Al contrario, come nel caso di Wheeler, si ha l’impressione di cavarsela egregiamente”.

Adesso vi chiederete “chi è Wheeler?”

McArthur Wheeler è l’uomo che diede l’input a Dunning e Kruger per la loro ricerca. Credetemi: vale veramente la pena riportarvi questa storia.

In sintesi, questo tipo di Pittsburgh, uomo di mezza età rapinò due banche nello stesso giorno, diciamo..a volto scoperto. In realtà il volto era coperto, ma solo da succo di limone perché egli era convinto che il liquido li avrebbe reso invisibile tanto da poter sfuggire alle telecamere della sicurezza. Non aveva mai rapinato banche in precedenza, ma quando un conoscente gli mostrò che il succo di limone poteva far sparire le parole da un foglio, facendole riapparire solo sotto una determinata luce, McArthur provò a verificare la potenzialità della “dritta”. Si spalmò il succo di limone sul viso e si scattò una fotografia con una polaroid nella quale vide solo una chiazza chiara sfuocata. Pensando di aver trovato la chiave per trarre profitto illecito, andò a rapinare le due banche “coperto” di succo di limone, ma ovviamente venne arrestato. Il bello è che non riuscì a spiegarsi in cosa avesse sbagliato dato che aveva utilizzato il succo di limone scrupolosamente. Per la cronaca, spalmando su tutta la faccia il succo di limone compresi gli occhi, McArthur non si rese conto di aver fotografato il soffitto e di averlo aver ottenuto una foto anche sfuocata in quanto il disagio del limone agli occhi non permetteva mano ferma.

Morale della favola chi non è in grado di riconoscere a propria ignoranza si sopravvaluta, ma poi si rivela.

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