Ritorniamo puntuali con la nostra mini-rubrica “SorprendenteMente” che, come promesso, oggi riprenderà il discorso sul perdono. L’altra volta abbiamo accennato che si tratta di un processo complesso ed oggi vedremo proprio lo sviluppo dell’iter, passo dopo passo.

Per chiarire le dinamiche di questo processo, dobbiamo necessariamente fare riferimento agli studiosi Enright e Kittle (2000) che hanno elaborato un modello differito in quattro fasi atte ad accompagnare le persone nel percorso del perdono.  

La prima fase è detta del “disvelamento” in cui il soggetto accetta la realtà di essere stato ferito, identifica il responsabile e riflette su quanto l’azione subita abbia influito negativamente sulla propria vita e soprattutto sulla propria esistenza. Per completare questa fase sono necessari diversi passaggi che includono: l’analisi e la valutazione delle problematiche riscontrate e delle difese attuate ove il meccanismo della negazione risulta all’inizio talmente dominante da non premettere alla vittima di riconoscere di aver subito un’azione e, di conseguenza, la rabbia che ne scaturisce. Quest’ultima entra in gioco successivamente in quanto, una volta riconosciuta, va gestita in modo adeguato ed accettata. Poi è la volta dell’ammissione di sentimenti come quello della vergogna e dell’imbarazzo per essere stati oggetto di ingiustizia e, a seguire, troviamo la consapevolezza dello “sfinimento motivo” dovuto ai vissuti di forte valenza emotiva conseguenti al processo di percezione ed elaborazione dell’accaduto che comportano sovente un senso di vuoto e grande tristezza. A questo punto subentra la consapevolezza del torto subìto e le preoccupazioni ad esso inerenti il cui pensiero porta ad una sorta di confronto interno con l’autore dell’atto. A tal proposito si può immaginare di riuscire a “spuntarla” prendendo una sorta di “rivincita” o di riscatto di sé oppure sui può credere di non essere in grado di confrontarsi adeguatamente con in soggetto in questione: in tal caso si sviluppa un sovraccarico di rabbia che è bene contenere e gestire in modo adeguato trasformandola in energia produttiva e non agendola su se stessi e/o sugli altri. È ora la volta della presa di coscienza del cambiamento avvento in conseguenza del fatto e riguarda sia i fattori interni che esterni, specie se estesi anche alle elazioni sociali, familiari lavorative ecc. in tal caso, come per il punto precedente, a seconda di ciò che si realizza, si rafforzano o meno le emozioni negative. Infine, si amplifica il concetto di giustizia in relazione a cosa sia successo nella propria vita arrivando ad un bivio: o si adotta una modalità reattiva pessimistica di matrice vittimistica, oppure si è pronti per scegliere di perdonare.

Si giunge così alla seconda fase che è quella della decisione. Si, perché si decide e si sceglie di perdonare, ma lo si può fare solo se si abbandona il rancore o la voglia di vendetta accettando gli accadimenti dolorosi in questione e capire le motivazioni che lo hanno causato. Ciò non vuol dire condividere, ma contestualizzare la cosa per chiarirla e potere andare avanti.: se una cosa è chiara si può scegliere di accettarla o meno e soprattutto si può scegliere che valore attribuirle. Per fare ciò è necessario un lavoro di insight ove si comprende che i sentimenti negativi, se perpetrati nel tempo, sono altamente disfunzionali con delle conseguenze anche psicosomatiche e così si comincia a cercare una nuova modalità di approccio. A questo punto fa capolino l’idea del perdono che, però, richiede un certo impegno.

La fase successiva è detta della comprensione o del lavoro in cui ci si focalizza sul fatto ce colui che ci ha causato il danno, non è il danno stesso e che il dolore vissuto non è il centro della propria vita né la sola cosa che la riguarda. Si guarda all’altro da una prospettiva diversa e si è più inclini a non mettere se stessi davanti agli atri. Da qui si possono comprender molte cose sia inerenti a se stessi che agli altri e soprattutto al proprio modo di vivere le relazioni. Si arriva, così, al punto di essere capaci di empatizzare con l’autore dell’atto pur essendo consapevoli di esserne stati vittima e questa esperienza comporta ad un senso di sollievo e l’inizio di un iter funzionale i cui orizzonti possono andare al di là della mera questione.

Con la quarta fase, quella dell’approfondimento, ci si avvia alla conclusione dell’intero processo ed è il punto che permetterà l’inizio di un nuovo capitolo della propria vita. Si approfondisce per far tesoro dell’esperienza e/o per comprendere nuove sfaccettature del proprio essere oltre quelle dell’altro trovando un significato della sofferenza vissuta e dei bisogni relazionali.

Dunque, come avete avuto modo di appurare in questi ultimi due articoli, è molto importante essere capaci di perdonare il prossimo nel modo giusto, ma, soprattutto, è ancor più importante essere capaci di perdonare se stessi.

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