La produzione di nocciole è sempre stata, nel nostro territorio, uno dei beni primari dell’ economia locale.
Legate a questa attività, che negli anni si è sempre distinta, ci sono storie di uomini e donne dedichi alle fatiche, orgogliosi e fieri del duro lavoro svolto nei campi, dal grano alle nocciole, dalle patate alla vendemmia, sempre ringraziando il cielo per le vacche grasse, ma anche per quelle magre.
ll progresso ha fatto sì che coltivare la terra sia un po’ meno faticoso, anche se le braccia non possono essere sempre sostituite dalle macchine: ora esistono le macchine raccoglitrice di nocciole, eppure una parte del lavoro continua a competere agli uomini; nel secolo scorso, quando le ‘diavolerie moderne ‘ come le chiamava mio suocero, ancora non esistevano, erano prevalentemente le donne a raccogliere le nocciole, in quanto le loro mani, veloci e affusolate, potevano avere più manualità e sveltezza e per questo motivo, dalla fine di agosto a settembre, per un mese, arrivavano da quelle che chiamavano ‘ terra di lavoro, nel casertano, ora diventata ‘ terra dei fuochi’, le raccoglitrice, le “mesarole”, appunto perché lavoravano un mese, per la maggiore ragazze da marito, disposte ad arrangiarsi in baracche di fortuna, per procurarsi quello che ogni figliola avrebbe dovuto possedere per maritarsi: la dote.
Come le mondine.
E come gli immigrati che lavorano nei campi, in condizioni miserabili, con la differenza che allora i lavoratori non venivano sfruttati.

Il 14 febbraio, giorno dedicato a San Modestino, patrono della città, i contadini usavano dedicare un ‘focarone’ al santo, come buon auspicio per il raccolto: battevano il ‘forcone’ del fieno sulle fiamme del falò per smuovere le fascine arse e provocare scintille.

Tanta scatelle, tanta nucelle.

Questo era il rito.

E una buona raccoglitrice era capace di riempire, in una giornata lavorativa, un sacco fino a settanta chili, di nocciole.

Che tutto ciò resti nelle memoria delle generazioni future, affinché le radici continuino a sostenere gli alberi a cui sono appese speranze, aspettative e perché no, pure i sogni, come quelle nocciole che tutti gli anni, come ‘scatelle’ tra le fiamme segnano la storie del nostro territorio.

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