La promessa di matrimonio non obbliga a contrarre matrimonio, né ad eseguire ciò che si è convenuto per il caso di non contrazione dello stesso. In tal senso depone l’articolo 79 del codice civile, evidentemente applicazione del principio inviolabile di libertà del matrimonio, così come sancito e riconosciuto dalla Costituzione (art. 2 e 29). D’altra parte, la circostanza che il legislatore all’articolo 80 del codice civile sancisca la restituzione dei doni nell’ipotesi di mancata celebrazione del matrimonio, non è certamente da ricondurre all’inadempimento di un (inesistente) obbligo di contrarre, quanto dal mancato verificarsi di un evento (appunto il matrimonio) che i promettenti avevano dato per scontato.

Secondo il pacifico e dominante orientamento giurisprudenziale dominante, infatti, l’obbligazione restitutoria è una singolare obbligazione ex lege a carico della parte che si avvale del diritto di recesso dalla promessa di matrimonio. “Invero – esclusa la configurabilità sia di un illecito extra-contrattuale (in quanto lo scioglimento dalla promessa di matrimonio integra un’espressione del diritto fondamentale della libertà di contrarre matrimonio, con la conseguenza che il recesso, anche se esercitato senza giusto motivo, non potrà mai essere considerato condotta antigiuridica), sia l’inquadramento della fattispecie nell’ambito della responsabilità contrattuale o precontrattuale (posto che la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure costituisce un vincolo giuridico tra le parti) – deve ritenersi che l’obbligazione prevista dall’art. 81 c.c. costituisca una particolare forma di riparazione riconosciuta al di fuori di un presupposto di illiceità, essendo ricollegata direttamente dalla legge alla rottura della promessa di matrimonio “senza giusto motivo” ” (Cass. N. 9052/2010).

Il legislatore distingue due ipotesi di promessa: la promessa solenne, di cui all’articolo 81 c.c. e la promessa semplice (dunque, sprovvista dei requisiti giuridici di sostanza e di forma di cui all’art. 81 c.c.).

Se è vero che per entrambe le ipotesi opera la disciplina restitutoria di cui all’art. 80 c.c. (con la precisazione che la “.. domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui si è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.”), l’art. 81 c.c. riconduce alla sola disattesa “promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata ….” (promessa solenne) l’obbligo di “risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa.”.

L’ipotesi risarcitoria, al pari di quella restitutoria, non scaturisce dall’inadempimento contrattuale o dalla violazione del principio del neminem laedere sotteso a fondamento della responsabilità extracontrattuale. Invero, la “rottura della promessa di matrimonio senza giustificato motivo configura violazione delle regole di correttezza e di auto responsabilità, che non possono considerarsi lecite o giuridicamente irrilevanti, ma non costituisce illecito extracontrattuale, essendo espressione della fondamentale libertà matrimoniale, né responsabilità contrattuale o precontrattuale, poiché la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure crea un vincolo giuridico tra le parti. In siffatti casi si configura una speciale obbligazione “ex lege” che pone a carico del recedente ingiustificato l’obbligo di rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio.” (Cass. 9/2012).

Venendo all’obbligazione restitutoria, va precisato che “I doni tra fidanzati, di cui all’art. 80 c.c., non essendo equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alle liberalità d’uso, ma costituendo vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice, possono essere integrati anche da donazioni immobiliari, ivi comprese le donazioni indirette. Anche in questa eventualità, ai fini dell’azione restitutoria, occorre accertare sempre e soltanto che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e che si giustifichino per il sol fatto anzidetto, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questo. Tale circostanza opera nel contesto di una presupposizione, sicché ove sia accertato il sopravvenuto venir meno della causa donandi (in caso di donazione indiretta immobiliare fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) si determina la caducazione dell’attribuzione patrimoniale al donatario senza incidenza, invece, sull’efficacia del rapporto fra il venditore e il donante, il quale per effetto di retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente.” (Cass. 29980/2021).

Ovviamente, non tutte le attribuzioni patrimoniali a titolo gratuito o liberale che si attuano tra fidanzati sono soggette alla disciplina dell’art. 80 c.c., ben potendo aver diversa natura, a seconda degli scopi in concreto perseguiti. Così, a seconda dei casi, potrà versarsi nelle diverse ipotesi qualificabili in termini di liberalità d’uso (art. 770, 2° co., c.c.), donazioni manuali (art. 783 c.c.), donazioni (art. 769 c.c.), donazioni obnuziali (art. 785 c.c.); senza escludersi la possibilità che l’atto di disposizione realizzi negozi tipici o atipici.

La donazione a causa della promessa di matrimonio non va confusa con la donazione obnuziale (art. 785 c.c.). La prima trova fondamento nel già esistente rapporto di fidanzamento, laddove la seconda si giustifica in vista del futuro matrimonio. Il motivo della donazione acquista rilievo nella promessa di matrimonio (fidanzamento), mentre è irrilevante nella donazione obnuziale (desiderio di contribuire agli oneri della futura convivenza). Il distinguo assume rilievo con riferimento all’eventuale annullamento del matrimonio. Invero, a norma del secondo comma dell’art. 785 c.c. l’annullamento del matrimonio importa la nullità della donazione obnuziale (fermi i diritti dei terzi in buona fede), ipotesi questa non estensibile alla promessa di matrimonio, ritenendosi la promessa soddisfatta col matrimonio, per quanto invalido.

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