Si configura come un conflitto perenne tra due etnie differenti per tradizione, per le vicende storiche che ne hanno delineato le caratteristiche e per la religione che ne condiziona profondamente il modo di vivere e di pensare.

Due popoli e una sola terra, che si contendono ormai con ferocia inaudita: come se le ragioni di entrambi fossero arrivate al massimo livello di esasperazione; come se ormai solo la soppressione dell’uno o dell’altro valesse a risolvere l’annosa diatriba.

Le tappe dell’odio, che serpeggia e che alimenta la vita di questi due popoli, delineano 77 anni di fuoco a partire dal 1948, anno della fondazione dello Stato di Israele, intervallati da periodi brevissimi di tregua, di armistizi e tentativi di pace “imposti” dalle Nazioni Unite.

Per tentare di comprendere l’origine e il destino di tale attrito è necessario seguire il filo rosso che si dipana attraverso i vari conflitti, che hanno disegnato e segnato la vita di arabi ed ebrei, per i quali la guerra è ormai diventata la norma, ovvero l’elemento cardine che muove gli uni contro gli altri, mentre il dolore e l’orrore non si avvertono più, narcotizzati dall’abitudine alla violenza delle bombe, che annienta ogni tentativo di cambiamento.

Analizzeremo quindi le tappe di questo supplizio che ambascia da sempre anche il vicino Occidente nonviolento.

La guerra dell’indipendenza del 1947

Nel 1947 l’ONU, agli albori della sua costituzione, stabilì la spartizione della Palestina in uno Stato ebraico ed uno Stato arabo, attribuendosi però il controllo di Gerusalemme per dieci anni. La Palestina è un territorio esteso quanto la Sicilia e gli israeliani ne occupavano il 55%, mentre gli arabi palestinesi il 45% circa.

Gli arabi si opposero immediatamente e scatenarono una guerriglia armata tra le forze irregolari di entrambi gli schieramenti, fino al punto da determinare la fine del Mandato Britannico (15 maggio 1948). Intanto Ben Gurion, capo del governo provvisorio, proclamava la nascita dello Stato d’Israele proprio il 14 maggio 1948, scatenando la reazione violenta della lega araba, che con cinque eserciti tentò di sopraffare il neo stato. Dopo qualche successo degli avversari, le truppe israeliane riuscirono, però, a respingere l’offensiva, giungendo così agli armistizi di Rodi, con cui 600.000 arabi si ritirarono nei Paesi limitrofi. Israele dovette affrontare, attraverso governi di centro sinistra, numerose questioni relative alla fondazione del nuovo Stato: l’immigrazione di massa, la creazione di un moderno esercito nazionale in sostituzione delle milizie, la creazione di un apparato burocratico, la fondazione del  sistema scolastico e la difesa contro le continue infiltrazioni arabe. Per tali motivi Israele, nonostante le numerose opposizioni interne, accettò dalla Germania come riparazione 35 miliardi di marchi.

La guerra del Sinai 1956

Tuttavia, persistendo problemi irrisolti, quali il rifiuto dei paesi arabi a riconoscere Israele, l’affermarsi del Nasserismo in Egitto, il blocco navale nel Mar Rosso per le navi israeliane e le infiltrazioni di guerriglieri palestinesi da Gaza al Sinai, in Israele si generò uno stato di alta tensione

Approfittando quindi della difficile situazione internazionale che viveva l’Egitto, dopo la nazionalizzazione del Canale di Suez, Israele con un’improvvisa e rapida offensiva dal 29 ottobre al 5 dicembre 1956, invadeva la penisola del Sinai e la fascia di Gaza, eliminando in quest’ultima le infiltrazioni palestinesi.

Intanto Francia ed Inghilterra occuparono Porto Said, perché la nazionalizzazione del canale di Suez aveva danneggiato i loro interessi. Sotto la pressione dell’O.N.U., dell’U.R.S.S. e degli U.S.A., le truppe di occupazione anglofrancesi dovettero evacuare immediatamente, mentre il ritiro degli israeliani fu più  graduale con la liberazione finale  di Gaza e Sharm el Sheikh nel 1957. Per Israele, però, ci fu la riapertura del Porto di Eliat alle sue navi, mentre una forza internazionale dell’O.N.U. fu impiantata a Gaza con l’intento di disciplinare le due forze.

Intanto nel 1964 andava costituendosi l’O.L.P., l’Organizzazione araba per la liberazione della Palestina, attraverso la lotta armata, all’interno della quale andava distinguendosi Yasser Arafat, che ritroveremo successivamente, quale leader palestinese politicamente riconosciuto, premio Nobel per la pace per aver lavorato in favore di una convivenza possibile dei due popoli in conflitto.

La guerra dei sei giorni 1967

L’Egitto richiese il ritiro delle forze di pace da Gaza, chiuse alle navi israeliane il porto di Tiran e firmò  un patto interarabo di mutuo sostegno contro Israele, che temendo un attacco aprì le ostilità. L’aviazione israeliana attaccò gli aeroporti egiziani, giordani, siriani ed iracheni annientando nel giro di qualche ore le forze aeree di quei paesi. Contemporaneamente le forze armate di terra lanciarono le loro colonne corazzate nel Sinai, costringendo le forze egiziane ad una ritirata precipitosa e disastrosa. Anche contro la Giordania l’azione fu travolgente.

Dopo trentasei ore di combattimento gli ebrei conquistarono finalmente Gerusalemme, dopo diciannove anni di inaccessibilità.

Dopo tre giorni di combattimento gli ebrei riuscirono a conquistare la Cisgiordania, fino ad occupare entro il 10 giugno, una striscia di territorio siriano sulle alture del Golan.

La guerra era durata sei giorni e ad essa pose fine una tregua stabilita dall’O.N.U.

Le linee del cessate il fuoco furono fissate lungo il canale di Suez, il fiume Giordano e l’Altopiano del Golan.

Gli stretti di Tiran erano di nuovo aperti e Gerusalemme era stata riunificata sotto gli israeliani. La tregua durò appena due anni e lungo i confini si moltiplicarono gli scontri tra arabi ed ebrei.

La guerra del Kippur il  6 ottobre 1973

Nel giorno dell’espiazione o Kippur ovvero del digiuno ebraico, gli eserciti dell’Egitto e della Siria attaccarono contemporaneamente gli israeliani e sud e a nord, cogliendo impreparate le linee armistiziali. La guerra, durata 17 giorni, costò agli ebrei 2500 morti e migliaia di feriti, un numero inferiore agli schieramenti avversari. Il conflitto si svolse in tre rapide fasi così di seguito dettagliate:

in un primo momento gli arabi presero il sopravvento lungo il canale e sulle alture del Golan; poi gli israeliani con un attacco aereo si presero la rivincita ed infine nell’ultima settimana di guerra gli ebrei avanzarono verso Damasco e sulle rive occidentali del canale, conquistando una fascia di territorio egiziano in Africa. E’ da sottolineare poi che durante il conflitto URSS ed USA rifornirono rispettivamente arabi ed ebrei di materiale missilistico modernissimo.

(Seconda parte)

2 pensiero su “La questione israelo palestinese: un conflitto eterno o quasi. (Seconda parte)”
  1. Si tratta di conflitto duraturo tra due comunità etniche, radicato nella tradizione, plasmato dalla storia e profondamente influenzato dalla religione. Due popoli si contendono con ferocia una terra unica, apparentemente giunti al culmine delle loro ragioni, dove la soppressione di uno sembra essere l’unico modo di risolvere la lunga disputa. I 77 anni di conflitti, iniziati nel 1948 con la fondazione di Israele, sono segnati da brevi periodi di tregua, armistizi e tentativi di pace “imposti” dalle Nazioni Unite. L’odio persistente alimenta la vita di questi popoli, trasformando la guerra in una consuetudine, che li spinge l’uno contro l’altro, mentre il dolore e l’orrore diventano emozioni smorzate dall’abitudine alla violenza delle bombe.

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