Jacob Grimm attribuisce alle fiabe “un’origine religiosa, in quanto in esse le immagini trasfigurano esperienze dell’anima e dello spirito”. Le fiabe, anche se ai più possono apparire gradevoli creazioni di fantasia, sono risultate soprattutto fondamentali per l’edificazione dell’animo umano.

Essendo imbevute di valori ben definiti, chiari e distinti, ovvero presentando nettamente personaggi rappresentanti il male e il bene, le fiabe sono da considerarsi innanzitutto un prototipo di religiosità ancestrale, una sorta insomma di vademecum primordiale di moralità. I fratelli Grimm che per primi ne colsero il contenuto ed il valore, le definirono una volta “come l’angelo buono che viene dato ad ogni uomo, come un compagno di strada mentre si avvia verso la vita”.

L’universalità della struttura unica delle fiabe, messa in evidenza da Propp, consente di scoprire in esse i germogli della religiosità naturale, propria delle origini dell’umanità. Infatti la loro radice originaria risale ad un tempo antecedente la nascita di Cristo ed ancora prima, allorquando i bardi, cantori itineranti, andavano di luogo in luogo per cantare e narrare delle storie. Ogni popolo antico aveva le proprie fiabe e i cantori indiani, africani, asiatici ed europei presentavano racconti con immagini e figure simili. Lo storico della civiltà Hermann Grimm, figlio di uno dei due fratelli, asseriva che nelle fiabe era possibile trovare il contenuto della grande storia universale nei tempi primordiali.

Jacob Grimm attribuisce alle fiabe “un’origine religiosa, in quanto in esse le immagini trasfigurano esperienze dell’anima e dello spirito”.

I fratelli Grimm, primi estensori delle fiabe, erano convinti che, attraverso il racconto orale dei bardi, fosse stato conservato un bene spirituale che non doveva andar perduto per l’umanità.

Se si analizza la loro struttura, tutte iniziano con una situazione positiva, idilliaca, alterata poi da un evento. C’era una volta una regina… C’era una volta un bel castello… che rievocano un’atmosfera da paradiso; poi l’uomo commette una colpa e arrivano gli ostacoli (la cacciata dal Paradiso).

Il male si manifesta: imperversano la cattiveria, la gelosia, l’invidia, l’orgoglio. Il protagonista sperimenta per la prima volta l’errore, la miseria, la paura e il dolore; sembra che il male abbia il sopravvento, quando all’improvviso uno spiraglio di luce ridona la speranza. Appaiono i messaggeri del bene, del coraggio, dell’altruismo; valori formatisi senz’altro durante le notti trascorse all’addiaccio da quei giovani adolescenti dell’era primitiva, che affrontavano un mondo senza sicurezze, lì nel buio delle foreste di tutto il pianeta.

Con l’arrivo degli aiutanti, inizia a brillare la speranza: il bene deve vincere. L’umiltà, il coraggio, l’amore, il sacrificio, la sincerità, la dedizione degli aiutanti riproducono l’immagine del Salvatore. Ecco così che accanto alle fiabe di epoca precristiana, compaiono fiabe e leggende dell’Era Cristiana. Gesù si è servito anche lui di parabole per comunicare il suo messaggio, tanto che si può affermare che la vita dei primi popoli, può essere ritenuta una preparazione al Cristianesimo. Le fiabe, anche se ai più possono apparire gradevoli creazioni di fantasia, sono risultate soprattutto fondamentali per l’edificazione dell’animo umano.

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