Lex – La responsabilità della P.A. per i beni in custodia –

Ai giorni nostri si assiste, ahimè frequentemente, ad eventi dannosi a carico di ignari cittadini, spesso costretti a fare i conti con una gestione sciagurata del patrimonio pubblico. Se è vero che le amministrazioni oramai dispongono di risorse limitate, è altrettanto vero che, sovente, anche il poco è dilapidato, tanto per gli egoismi di taluno, a tutto scapito della collettività.

A chi non è capitato di imbattersi in una strada o marciapiede comunale dissestato, in una pubblica via invasa da detriti. Chi non ha assistito ad un allagamento stradale per intasamento delle fognature comunali o al transito indisturbato, su tratti a veloce percorrenza, di fauna selvatica.

I casi di mala gestio della cosa pubblica, purtroppo, non si contano più.

Auspicando una riforma che renda effettiva la responsabilità di chi (non) amministra la cosa pubblica e nel contempo ci liberi dalla consapevolezza che “Pantalone paga per tutti”, è precipuo interesse di scrive fornire una guida al lettore nel caso in cui, malauguratamente, dovesse vivere la sua giornata no nella giungla cittadina.

Sotto il profilo che qui interessa, quello squisitamente civilistico, considerato che difficilmente l’amministrazione, in caso di danni, ammetterà proprie responsabilità per l’accaduto, così prospettandosi per il cittadino il calvario rappresentato dal processo e dalle sue lungaggini, è bene precisare che dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto a lungo in merito alla corretta individuazione e portata della disciplina codicistica applicabile.

Due i riferimenti normativi in discussione, l’art. 2043 c.c. (“Risarcimento per fatto illecito”) e l’art. 2051 c.c. (“Danno da cosa in custodia”). Non una mera dissertazione teorica, ovviamente; piuttosto si discute di norme, entrambe riconducibili all’illecito aquiliano, di diverso rilievo strutturale ed onere probatorio.

Va da sé che entrambe si riferiscono ad un illecito del pari strutturato, sotto il profilo oggettivo, dal fatto (condotta, evento e nesso di causalità) e dalla colpevolezza, sotto il profilo soggettivo. Tuttavia, ed è in questo che opera il distinguo, la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, nel senso che la responsabilità del custode è tale per il suo rapporto con la cosa e a condizione che questa abbia arrecato il danno a terzi. In breve, per l’ipotesi contemplata, il Legislatore esime il danneggiato dal provare la colpevolezza del custode (laddove, al fine di profilare la responsabilità ex art. 2043 c.c., ciò è necessario); è sufficiente che lo stesso provi il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l’osservanza o meno dell’obbligo di vigilanza.

In tale contesto, dunque, il custode è stretto al muro, potendo sottrarsi a responsabilità alla sola condizione che provi il caso fortuito, nella duplice accezione di avvenimento imprevedibile ed inevitabile (caso fortuito in senso stretto) o avvenimento prevedibile ma inevitabile (forza maggiore). Con la precisazione che il caso fortuito può essere rappresentato anche dal fatto del danneggiato (si pensi al caso del conducente che perde il controllo della propria autovettura a causa di un malore, schiantandosi contro un muro di contenimento, poi decedendo per l’impatto).

Si comprendono allora, anche se non si condividono, le ragioni della diatriba giuridica: riconnettere la responsabilità dell’amministrazione pubblica all’art. 2051 c.c. significa decretarne la condanna giudiziale certa. Sennonché, in passato la giurisprudenza ha pressoché esclusa l’applicazione dell’art. 2051 c.c. ai casi di danni derivanti dalla cosa pubblica, tanto facendo leva sul concetto di custodia.  

Invero, la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. veniva esclusa nei confronti della pubblica amministrazione “per quelle categorie di beni demaniali, quali le strade pubbliche, che sono oggetto di utilizzo generale e diretto da parte di terzi, poiché in questi casi non è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A. tale da impedire l’insorgere di cause di pericolo per i cittadini.” (per tutte, Cass. 10040/2006).       

Di conseguenza, “La presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. è applicabile nei confronti della P.A. per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti“ (Cass. 20827/2006).

Tale granitico orientamento, certamente di favore per la PA, è stato di recente rivisto dalla giurisprudenza di legittimità.

Invero “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d’altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità. L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.” (Cass. 20427/2008).

Viene così affermato che “La responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2051 c.c. è invocabile anche nei confronti della P.A., per i danni arrecati dai beni dei quali essa ha la concreta disponibilità, anche se di rilevanti dimensioni. Tale responsabilità resta esclusa solo dalla prova, gravante sulla p.a., che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, le quali nemmeno con l’uso della ordinaria diligenza potevano essere tempestivamente rimosse, così integrando il caso fortuito previsto dalla predetta norma quale scriminante della responsabilità del custode.” (Cass. 20427/2008).

Più recentemente “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode.” (Cass. 4963/2019).

Ed allora, ed in via esemplificativa, è stata riconosciuta la responsabilità ex art. 2051 c.c. dell’amministrazione per i danni derivanti dalla presenza sul manto stradale di fango e detriti trasportati da piogge torrenziali (Cass. 8935/2013); analogamente per i danni riportati dall’automobilista per essere sbandato su strada ghiacciata e fuoriuscito dalla stessa a causa dell’inadeguatezza del guard rail, danneggiato il giorno precedente da un altro sinistro e non riparato dall’ente proprietario della strada (Cass. 21508/2011). Ancora, è stata riconosciuta la responsabilità dell’ente per i danni riportati dall’automobilista per l’inattesa e imprevista presenza sulla carreggiata di un’autostrada di un animale selvatico (Cass. 11785/2017). Allo stesso modo, si è affermato che dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade (e sulle relative pertinenze, come i marciapiedi) discende non solo l’obbligo dell’Ente alla manutenzione, ma anche quello della custodia con conseguente operatività nei confronti dell’Ente stesso della presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051, ove sussista omissione di vigilanza al fine di impedire che i lavori su di essa effettuati costituiscano potenziale fonte di danno per gli utenti (Cass. 16770/2006). La Pubblica Amministrazione risponde ex art. 2051 dei danni riportati dal conducente di un ciclomotore caduto a causa del lastricato di una strada comunale sita nel centro storico della città (Cass. 21328/2010). E’ responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. la concessionaria del servizio di smaltimento dei rifiuti per i danni provocati a terzi dai contenitori per la raccolta (Cass. 14606/2004).  Del pari responsabile ai sensi della norma in esame è l’amministrazione in relazione alla rete fognaria comunale (Cass. 6665/2009).





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