Benessere – Quando sentiamo parlare di riabilitazione associamo, quasi sempre, il semplice lavorare sulla problematica fisica del paziente, senza soffermarsi su due aspetti importanti quanto quello medico se non di più: la psiche ed il cuore. Per psiche non intendo quella dell’operatore ma quella del paziente perché, per quanto noi possiamo essere abili e preparati nel nostro lavoro, se non si entra in sintonia con il nostro paziente, molto probabilmente, diminuiranno le possibilità di successo.

E’ necessario, ogni volta che intraprendiamo un nuovo percorso riabilitativo, capire la qualità di vita del soggetto, conoscere il suo passato, capire le sue preoccupazioni e sentirle un po’ nostre.

E’ necessario costruire, insieme, non solo un rapporto professionale ma un rapporto di amicizia.

Tutto questo, naturalmente, sarà più facile se ci troviamo di fronte ad una figura giovane, che sia un ragazzo oppure un giovane adulto, perché il soggetto cercherà di essere collaborativo al massimo per cercare di riprendere al più presto la sua quotidianità oppure, meglio ancora, la sua disciplina sportiva.

In questo caso avremo di fronte una persona molto spesso motivata e totalmente cooperativa, capace di resistere al dolore (spesso le riabilitazioni, soprattutto nella fase iniziale, possono essere dolorose), ed alle difficoltà della terapia. In questo caso però, dove tutto può sembrare semplice e scontato facciamo attenzione perché, il soggetto, soprattutto se giovanissimo, cercherà di forzare i tempi di recupero.

Cerchiamo a questo punto di entrare nella sua testa e di metterci al suo posto. Avremmo fatto la stessa cosa? Molto probabilmente si, allora, quegli atteggiamenti che possono sembrare ad un primo momento, dettati dall’incoscienza, possono diventare, per noi, naturali, comprensibili. Atteggiamenti che, avendo noi un ‘esperienza più vasta e, sicuramente, diversa, sapremo correggere indicando il percorso da seguire, dando le giuste tempistiche e, soprattutto dando gli stimoli giusti per non abbattersi qualora sorgano delle difficoltà.

E se il paziente è una persona anziana? A questo punto, il nostro punto di vista cambia e la situazione diventa più complessa. Innanzitutto, con molta pazienza e disponibilità, cerchiamo di entrare in amicizia con il soggetto, confortandolo, rassicurandolo e dandogli sempre delle speranze di ritornare alla loro quotidianità. Una persona anziana è quella che guarda spesso al suo passato, a quello che era e che, a volte, inconsciamente, spera e crede di poter ritornare agli anni in cui era più giovane, che si chiede il perché non riesca più a fare determinate cose. Certe volte l’anziano si abbatte e non vuole collaborare, altre cerca di forzare i tempi di recupero.

Come ci dobbiamo muovere allora? E’ importante acquistare la sua fiducia, soprattutto se andiamo a lavorare su una riabilitazione sugli arti inferiori.

Perché gli arti inferiori? Vi è mai capitato di dover mettere in piedi una persona dopo un intervento chirurgico al femore, alle ginocchia? Ebbene, una persona da rieducare nella camminata, al passo, ha bisogno di sentirsi in mani sicure, ha bisogno di sapere che, chi la sta guidando è pronto a sostenerla in qualsiasi momento perché, qualora non senta la fiducia in noi, diventa impossibile da rieducare e, nel momento in cui si alzerà per provare a camminare, la paura lo porterà a diventare pesante come un macigno, anche se questi, fisicamente sia esile o piccolino di statura……. a quel punto, l’impresa può diventare ardua. Una persona anziana può avere momenti di tristezza, pianto, depressione, momenti che vanno spazzati via con l’ascolto, il sorriso, una carezza, un abbraccio che li faccia sentire compresi ma, allo stesso tempo, speranzosi di ritornare alla normalità. E’ una persona che, probabilmente, vi racconterà il suo passato e che vuole essere ascoltata, è un bambino che ha bisogno di essere seguito, coccolato e, come i bambini, bonariamente, anche rimproverato. Se riusciamo a comprendere, a compatire ascoltare una persona anziana, allora abbiamo la chiave del nostro successo. Avremo da lui la massima collaborazione, la piena fiducia ed il piacere di incontrarsi ogni volta.

Cosa ci resta ancora di importante da mettere nella nostra professione? Per me la cosa più importante è il cuore. Il cuore ci vuole in tutto quello che facciamo, qualunque sfida affrontiamo, qualunque paziente abbiamo di fronte. Metterci il cuore significa entrare in empatia con il paziente e permette a noi di affrontare qualsiasi sfida con il sorriso. Ricordate che, chi avremo di fronte, saprà capire se, in tutto quello che stiamo facendo, ci stiamo mettendo il cuore. Cuore, empatia, comprensione, ascolto, cose che in parte mi ha insegnato e, di nascosto ho rubato, ad una persona a me cara, alla quale è dedicato questo mio articolo.

Una persona che metteva il sorriso in qualsiasi cosa facesse, anche quando il sorriso diventava molto difficile da indossare……mia zia Tina, maestra amorevole a scuola e mamma amorevole nella vita.

Comprendere, metterci il cuore ed indossare un sorriso, i segreti per poter riuscire nella nostra professione.

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