Per l’art. 1127 c.c. (Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio), “Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo.   La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.”.

La norma codifica la facoltà edificatoria in capo al proprietario dell’ultimo piano, ovvero al proprietario esclusivo del lastrico solare, alla condizione che tali soggetti, all’atto della realizzazione del manufatto, rispettino le prescrizioni di legge e del regolamento condominiale e, comunque, non pregiudichino i diritti degli altri condomini (compromettendo l’aspetto architettonico e/o la statica dell’edificio ovvero diminuendo notevolmente aria e luce dei piani sottostanti).

D’altra parte, detta disposizione deroga al principio superficies solo cedit di cui all’art. 934 c.c., dal momento in cui il realizzato non viene automaticamente acquisito al suolo, quindi, alla disponibilità dei suoi proprietari, rimanendo nella sfera giuridica del proprietario dell’ultimo piano o del lastrico solare.

Tale caratteristica, correlata ai principi regolatori della superficie e dell’accessione, costituisce dunque la ragione giustificativa della disposizione del primo comma dell’art. 1127 c.c. e della differente regolamentazione rispetto alla comunione pro indiviso, in quanto l’attribuzione d’un diritto di proprietà esclusiva su ciascuna delle dette porzioni immobiliari – sovrapposte, di volta in volta, prima al suolo e poi alle porzioni sottostanti precedentemente realizzate – e, quindi, la costituzione di una proprietà superficiaria in favore di quella realizzata al di sopra delle preesistenti, viene necessariamente a spostare verso l’alto il diritto di superficie e, contestualmente, la connessa accessione di quanto realizzato in seguito al di sopra di quest’ultima, atteso che, di per sé, la costituzione del diritto di superficie importa rinunzia all’accessione da parte del concedente il diritto (proprietario o condomino del suolo) ed acquisto di tale potere (di acquisto per accessione) nel superficiario.

Come, dunque, le opere e costruzioni fatte all’interno di un piano od autonoma porzione di esso accedono, in ragione della proprietà individuale e separata della porzione immobiliare considerata, al proprietario di questa e non a tutti i partecipanti al condominio, così le costruzioni eseguite sopra l’ultimo piano accedono, in ragione dell’espresso disposto normativo e salva diversa previsione del titolo, al proprietario di questo e non ai proprietari dei piani sottostanti.

Ovviamente la fattispecie regolata dalla norma va ravvisata in ogni incremento di superficie e volumetria, indipendentemente dal fatto ch’esso dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato.

La facoltà edificatoria di cui alla norma in commento non è soggetta alla preventiva autorizzazione degli altri condomini, anche se agli stessi viene riconosciuto il diritto di opporsi alla sopraelevazione (anche se già realizzata) nel caso in cui la stessa pregiudichi le caratteristiche architettoniche dell’edificio, in tal caso chiedendo la riduzione in pristino stato dei luoghi, oltre che l’eventuale risarcimento del danno. La relativa azione, posta a tutela dei proprietari esclusivi del piano sottostante, comproprietari delle parti comuni, è soggetta a prescrizione ventennale, perché il diritto soggettivo reale del condomino a far valere la non alterazione del decoro architettonico, è disponibile e si prescrive per mancato esercizio ventennale (sicché il condomino che ha sopraelevato in violazione dell’obbligo di cui al comma 3 dell’art. 1127 c.c. acquista, per usucapione, il diritto a mantenere la costruzione così come l’ha realizzata). Diversamente dal caso in cui con essa comprometta le condizioni statiche dell’edificio, perché in questo caso non vi è un limite al suo diritto di sopraelevare, ma manca il presupposto stesso della sua esistenza, e perciò la relativa azione di accertamento negativo è imprescrittibile. (Cass. 10334/1998).

Peraltro, il legislatore, nel riconoscere, al comma 1 della norma in esame, il diritto di sopraelevazione al condomino proprietario esclusivo dell’ultimo piano o del lastrico solare, con ciò attribuendogli la possibilità di far sorgere nuove costruzioni ciascuna delle quali oggetto d’autonomo dominio esclusivo, ha anche posto a carico dello stesso, con la disposizione di cui al successivo quarto comma, l’obbligo di corrispondere agli altri condomini un’indennità.

Ciò non sulla considerazione dell’avvenuto utilizzo della colonna d’aria sovrastante l’edificio condominiale intesa come di pertinenza della collettività (la colonna d’aria è una mera proiezione verso l’alto della proprietà, un criterio di delimitazione del contenuto del diritto di proprietà, non un bene giuridico suscettibile di autonomo diritto di proprietà), bensì sulla considerazione, come hanno evidenziato dottrina e giurisprudenza prevalenti (da ultimo, nelle motivazioni, con richiami, di Cass. 16.6.05 n. 12880 e 21.5.03 n. 7956), della necessità d’una misura compensativa della riduzione del valore delle quote di pertinenza degli altri condomini sulla comproprietà del suolo comune conseguente alla sopraelevazione realizzata dall’un d’essi e dall’acquisto da parte di questi della proprietà relativa. Avendo, infatti, ciascun condomino, ex art. 1118 c.c., un diritto di comproprietà, proporzionato al valore del piano o porzione di piano in proprietà esclusiva, sulle cose comuni elencate nel precedente art. 1117 c.c. e, quindi, anche sull’area sulla quale sorge l’edificio, la realizzazione di nuovi piani determina automaticamente una modifica degli elementi che concorrono a formare la proporzione, in quanto il proprietario dell’ultimo piano, costruendo nuovi piani o nuove fabbriche, aumenta la propria quota nella comunione, tra le altre cose comuni, anche sull’area medesima e questo aumento, naturalmente, rimanendo fisso il parametro di base, ha luogo con una proporzionale riduzione delle quote degli altri partecipanti alla comunione. Ond’è che l’indennizzo previsto e regolato dall’art. 1127 c.c., comma 4, trova la sua giustificazione nella partecipazione alla comunione del suolo sul quale sorge l’edificio condominiale, per una quota maggiore di quella che aveva prima della sopraelevazione, da parte di chi eleva nuovi piani e nuove fabbriche valendosi del diritto riconosciutogli dalla stessa norma al comma 1, e nella corrispondente diminuzione delle quote degli altri partecipanti alla comunione ai quali, di conseguenza, il legislatore, nell’attribuire il diritto di sopraelevazione al primo, non poteva non riconoscere il diritto alla proporzionale corresponsione d’un’indennità idonea a compensarli della diminuzione patrimoniale loro imposta (Cass. SS. UU. 30/07/2007 n. 16794).

E’ vero, tuttavia, che la misura compensativa di cui all’indennizzo, ad avviso di chi scrive, piuttosto che dovuta all’accrescimento della quota di pertinenza della comproprietà del suolo (che resta invece invariata, come attestato dall’ipotesi di perimento dell’edificio, in tale caso dovendosi rideterminare lo ius ad aedificandum non sulla base della quota accresciuta, perché non lo è, quanto sulla base delle quote esistenti e del suo potenziale sviluppo ai sensi dell’art. 1127 c.c.), è resa necessaria dal più intenso sfruttamento del diritto di proprietà del comunista, allorché trae maggior beneficio dalla quota rispetto agli altri, ciò a seguito dell’incremento volumetrico dell’edificio. In breve, la particolare conformazione verticale dell’edificio attribuisce ai comproprietari dell’area un’apparente paritetica facoltà edificatoria, vanificata al momento in cui uno di di essi, il proprietario dell’ultimo piano, decide di realizzare la sopraelevazione. In ciò si comprende il motivo per cui il legislatore ha costituito a parametro per la determinazione dell’entità economica dell’indennizzo il solo valore dell’area e non anche quello degli altri beni e servizi comuni.

Relativamente agli altri beni e servizi comuni, infatti, non v’è nulla da compensare perché i condomini, seppur con modalità rapportate all’utilità che traggono, continuano a godere degli stessi. D’altra parte, la diminuzione delle quote degli altri condomini nella comunione dei vari beni e servizi comuni trova appagamento nella correlativa diminuzione degli oneri afferenti alla loro manutenzione e ricostruzione, in quanto a tali spese il proprietario dell’ultimo piano, a seguito dell’operata sopraelevazione di nuovi piani o nuove fabbriche, dovrà per il futuro concorrere, in misura maggiore che per il passato, in proporzione al valore anche dei nuovi piani o delle nuove fabbriche acquisiti. Trova, infatti, applicazione, sotto tale ultimo profilo, il combinato disposto degli artt. 68, comma 1 e 2, e art. 69, n. 2, disp. att. c.c., laddove, stabilitasi, per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., la formazione di tabelle millesimali, nelle quali il valore dei piani o delle singole porzioni di ciascun d’essi sia ragguagliato a quello dell’intero edificio, è, poi, espressamente prevista l’ipotesi della sopraelevazione tra quelle, che possono comportare un’alterazione dell’originario rapporto tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, in considerazione delle quali, ove di notevole entità, è consentita la modifica delle tabelle stesse. Peraltro con la precisazione, ripetutamente sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità, che la modifica delle tabelle può aver luogo solo ove l’obiettiva divergenza tra il valore delle singole unità immobiliari ed il valore, proporzionale a quello dell’intero edificio, attribuito loro nelle tabelle medesime, non sia di modesta entità (Cass. 19.2.99 n.1408) e che, in ogni caso, la modifica stessa non costituisce una conseguenza naturale ed immediata della trasformazione intervenuta a seguito degli eventi normativamente previsti dal n. 2 dell’art. 69 disp. att. c.c., bensì l’effetto d’un accertamento, negoziale o giudiziale, che ha, a tal fine, natura costitutiva (non necessaria, in quanto sostitutiva della modificazione convenzionale) ex art. 2908 c.c., quindi effetto esclusivamente ex nunc, senza possibilità d’operatività retroattiva, di tal che, sino alla disposta modifica, le originarie tabelle continuano ad essere valide ed efficaci ad ogni effetto e sono valide le maggioranze e le deliberazioni su di esse fondate, oltre che le consequenziali ripartizioni delle spese (ex multis, Cass. 15094/2000).Dalle considerazioni che precedono discende l’opportunità d’evidenziare le differenze tra le previsioni delle norme considerate, dacché, mentre l’art. 69 disp. att. c.c., n. 2, pone quale parametro di valutazione, ai fini della modifica delle tabelle, quello del rapporto tra il valore dell’edificio e l’incremento di valore del piano o porzione di piano, condizionando altresì la modifica alla notevole entità della variazione nel rapporto tra detti valori da accertarsi in via convenzionale o giudiziale con effetto ex nunc, diversamente l’art. 1127 c.c., comma 4, non solo pone quale parametro di valutazione, ai fini della determinazione dell’indennità di sopraelevazione, un diverso rapporto, quello tra il valore del suolo sul quale sorge l’edificio e la maggiore utilizzazione di esso derivante dall’opera realizzata, nuovo piano o nuova fabbrica, ed indipendentemente dall’entità di essa, ma a tale realizzazione ricollega la costituzione del diritto all’indennità quale sua conseguenza diretta ed immediata con effetti ex tunc dal momento essa (Cass. SS.UU. 16794/2007).

In tema di condominio si segnala il precedente articolo sull’Invalidità delle delibere condominiali

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