Il Bucaneve – Quanti passi ha fatto la tecnologia in questo ultimo decennio, oramai con il telefonino possiamo incontrare tutti in un nano secondo. Organizzare le nostre vacanze, programmare l’itinerario, utilizzare le “mappe interattive” e vedere, di fatto, i posti ancor prima di arrivarci e perdere il gusto della scoperta.

Interroghiamo la rete per ogni dubbio, “click amico” è sempre a portata di mano e lo sostituiamo al medico e allo specialista, illudendoci che è più comodo, competente ed economico.  

Nella  “piazza virtuale” incontriamo tanti utenti e spesso, nella ricostruzione sociale, ci mancano dei pezzi, tanti volti e bip che intasano le nostre chat. Nevrotici e dipendenti siamo assorbiti nella grande rete.

Le relazioni sociali cambiano e inevitabilmente, nascono diversi problemi nella comunicazione e negli approcci. Le “relazioni liquide” usa e getta, le cattive abitudini e i sentimenti se ne vanno a benedire.

Non demonizziamo certo la rete o i social, che hanno mille funzioni positive, ma le insidie sono davvero tante ed è giusto conoscerle.

Navighiamo nel mare degli applicativi sempre più aggiornati, collegati alla rete 24 ore su 24, un continuo esserci, una continua assenza di contradditorio.

Passiamo ore a fotografare, a caricare, senza goderci i momenti. Sfuma il confine tra pubblico e privato, non si rispetta l’ora dei pasti e del riposo.

Il telefono è sempre con noi: “l’inseparabile compagno”, “l’ingombro fastidioso”. E guai a dimenticarlo, siamo capaci di farci la strada due volte, per riprenderlo: “la reperibilità” assicurata.

Direi schiavismo più che libertà.   

Senza considerare l’aumento di molte patologie, a causa dell’uso prolungato, a carico della colonna vertebrale, della vista e delle artriti. Incurvati a leggere le news, assumiamo posizioni scorrette, ci dimentichiamo di chi abbiamo di fronte, oltre che muoversi poco diventiamo maleducati e ridicoli.

Nella scrittura criptica dimentichiamo la “grammatica dei sentimenti”, ridotta all’osso. Il contenuto del messaggio si perde nelle tradizioni simultanee e a furia di interpretazioni, l’ambiguità e i conflitti aumentano.

Soffriamo la solitudine, inganniamo il tempo, inganniamo noi stessi.

Non siamo che usufruitori incalliti, peggio dei fumatori e dei drogati e non ce ne rendiamo conto, chiusi tra quattro mura, bombardiamo il cervello di inutilità. Aumenta lo stress e dimentichiamo le priorità.

All’orizzonte e si fa per dire, siamo inondati di profili fake che confondono ancora di più e che fanno del sottobosco un’infinità varietà di “patologici senza licenza”, acquisiscono informazioni sensibili per compiere azioni ignobili e deprecabili. L’anonimato è uno scudo, perché dà l’illusione di non essere mai perseguiti, per i propri misfatti.

Un danno incalcolabile per le vittime inconsapevoli: la mercificazione della carne, la violazione dei diritti, si fatica a individuare i colpevoli che sguazzano, comodamente dal salotto di casa.

Siamo preparati a tutto questo? Coscienti?

Intanto gli effetti collaterali sono sotto i nostri occhi.

Siamo affascinati dalla rete, desideriamo uno spazio, esserci. Avere un’identità e un riconoscimento sociale.

Con l’interconnessione perdiamo la cognizione del tempo, la percezione degli effettivi rischi, il contatto con la realtà. Siamo bravi a spostare i problemi e ad assuefarci alle nevrosi e ai dolori.

I rapporti sociali si assottigliano, perdono di valore, si diradano le uscite, ci si isola e ci si abbandona, fino ad arrivare alla negazione del mondo e a rifugiarsi nel mondo virtuale, detto hikikomori, patologia di cui soffrono particolarmente i giovani.

Gestire gli innumerevoli rapporti sociali è dispendioso. Dell’altro conosciamo ben poco, ci accontentiamo delle faccine per esprimere i nostri sentimenti e diventa difficile capire l’emotività. Il rapporto interpersonale evidenzia gli stati d’animo, legge attraverso il linguaggio del corpo, l’altra realtà.

La relazione è cosa ben diversa, implica tempo e presenza, per riconoscere e per riconoscersi.

Possiamo essere attratti da una foto, da un’idea di persona, ma nella complicata relazione umana scattano altri livelli, altre sfaccettature che non si vedono e si sentono a distanza, non possono sostituire quella relazione che si costruisce nella dialettica e nel confronto temporale e contestuale.

Toccarsi, sentire la voce è sensoriale, ci dà informazioni sottotraccia, non scontate, non definibili. Una cosa è apparire, una cosa è stare male, i segnali sono allerta, attenzione, compenetrazione. Non sempre ci si coinvolge totalmente. A volte, l’indefinito è cercato e voluto.

Saltano le regole di buona educazione, non sempre sono chiari i congedi della comunicazione, si dilatano i tempi di risposta, di elaborazione, delle emotività sugli argomenti trattati, si resta in attesa per ore e per giorni. Si chiudono e aprono profili, si bannano le persone per ciò che esprimono e pensano, dentro e fuori in un ingarbugliato, sottile e pericoloso, “gioco a perdersi”, modalità di approcci variegati e senza filtri, aumentano insoddisfazioni e malcelati intendimenti.

Una marea di controsensi, la percezione perenne di avere a che fare con psicopatici, che sui social sono a mille, nella realtà distaccati e informali.     

Gli strumenti a nostra disposizione si sondano e si calibrano nella quotidianità del viversi, più che dello sfiorarsi continuamente.

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