Lex – A norma dell’art. 873 c.c. “Le costruzioni su fondi finitimi, se non unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non inferiore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.

La disposizione persegue una duplice finalità, realizzando, da un lato, la tutela proprietaria, impedendo che tra le costruzioni poste su fondi a confine vengano a realizzarsi strette ed insalubri intercapedini, tali da ostacolare luce ed aria; dall’altro, è posta a tutela di interessi generali perché previene il pericolo della propagazione degli incendi, e di ogni altro evento che possa arrecare nocumento alla salute dei vicini.

Ratio che non muta nell’ipotesi in cui il regolamento locale stabilisca una distanza maggiore rispetto a quella fissata dall’articolo in commento. Infatti, la norma regolamentare (di competenza comunale, ai sensi del D.P.R. 06 giugno 2001 n. 380), in tal caso, integra la disposizione civilistica, con la conseguenza che il privato, per l’ipotesi di violazione della disciplina delle distanze, vuoi di quella dettata direttamente dall’art. 873 c.c., vuoi per quella integrativa di derivazione regolamentare, potrà, ai sensi dell’art. 872, secondo comma, chiedere la riduzione in pristino della costruzione del confinante, oltre che il risarcimento dei danni.

E’ bene precisare, tuttavia, che non tutte le disposizioni regolamentari possono ritenersi “norme integrative” dell’art. 873 c.c., e tali non sono quelle norme che sono dettate a presidio dell’assetto urbanistico del territorio.

Così, la norma è integrativa della disciplina dettata dall’art. 873 c.c. se tende a completare, rafforzare e armonizzare col pubblico interesse di un ordinato assetto urbanistico la disciplina dei rapporti intersoggettivi di vicinato; mentre non è integrativa se ha come scopo principale la tutela di interessi generali urbanistici, quali la limitazione del volume, dell’altezza, della densità degli edifici, le esigenze dell’igiene e della viabilità, la conservazione dell’ambiente etc. (in tal senso, Cass. N. 4519/1984).

La differenza non è scevra di conseguenze, talché solo la violazione delle norme integrative al codice civile, quindi la violazione delle distanze di cui all’art. 873 c.c. comporterà la riduzione in pristino stato della costruzione del vicino (“L’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è, salvo gli effetti dell’eventuale usucapione, imprescrittibile perché modellata sullo schema dell'”actio negatoria servitutis”, essendo rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù.” Cass. N. 867/2000), laddove nel caso di violazione delle norme di edilizia sarà possibile conseguire la sola tutela risarcitoria per equivalente.

Inoltre, le distanze minime previste dai regolamenti locali non sono utilmente derogabili, a differenza di quelle generali previste dal codice civile, per effetto di pattuizioni tra i confinanti. In proposito, secondo l’orientamento oramai granitico della Cassazione, in tema di distanze legali nelle costruzioni “le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi, essendo dettate – contrariamente a quelle del codice civile – a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non sono derogabili dai privati. Ne consegue l’invalidità – anche nei rapporti interni – delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze, salva peraltro rimanendo la possibilità – per questi ultimi – di accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare” (Cass. N. 24827/2020).

Quanto al principio di prevenzione, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ., SS.UU., sentenza del 19 maggio 2016 n. 10318), hanno sancito il principio secondo cui le norme dei regolamenti edilizi che fissano le distanze tra le costruzioni in misura diversa da quelle stabilite dal codice civile, infatti, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 873 c.c., hanno portata integrativa delle disposizioni dettate in materia dal codice civile; e tale portata non si esaurisce nella sola deroga alle distanze minime previste dal codice, ma si estende all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione, che i regolamenti locali possono eventualmente escludere, prescrivendo una distanza minima delle costruzioni dal confine o negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza. Ne discende che un regolamento locale che si limiti a stabilire una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal codice civile, senza imporre un distacco minimo delle costruzioni dal confine, non incide sul principio della prevenzione, come disciplinato dal codice civile, e non preclude, quindi, al preveniente la possibilità di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni, né al prevenuto la corrispondente facoltà di costruire in appoggio o in aderenza, in presenza dei presupposti previsti dagli artt. 874, 875 e 877 c.c..

Ovviamente la su riferita disciplina delle distanze riguarda le costruzioni su fondi finitimi. Non costituiscono costruzioni, per le funzioni che svolgono: a) il muro di cinta (ed è tale per l’art. 878 c.c. il muro che non abbia un’altezza superiore ai tre metri); b) il muro di contenimento (il muro realizzato tra fondi a dislivello per evitare smottamenti o frane) limitatamente alla parte che adempie alla sua funzione e quindi dalle fondamenta fino al livello del fondo superiore, mentre la parte di muro che si innalza oltre il piano del fondo sovrastante, rappresenta costruzione assoggettata alla disciplina delle distanze; c) la costruzione interamente realizzata nel sottosuolo.

La disciplina sulle distanze si applica invece alle sopraelevazioni, con la precisazione che esse, per quanto realizzate su manufatto esistente, rappresentano nuove costruzioni, sicché non beneficiano delle precedenti distanze (quindi, del criterio della prevenzione) ma devono osservare quelle fissate dalla normativa all’attualità.

La ricostruzione del vecchio edificio demolito, purché avvenga nel rispetto della normativa in vigore, quindi, non rappresenti nuova costruzione (come nel caso in cui muti sagoma, altezza, volumi, etc.), non è soggetta all’applicazione delle eventuali sopravvenute disposizioni normative più restrittive.

Relativamente al condominio, il principio dell’inoperatività della normativa sulle distanze legali, se può valere con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni e sempre che si tratti di uso normale di queste ultime, non si estende invece ai rapporti fra i singoli condomini (Cass. 13170/2001

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