News – L’impatto del Covid sugli adolescenti. Open anticipa il risultato di una ricerca dell’università di Siena che verrà presentata oggi 11 febbraio. Ecco cosa è emerso. C’è una pandemia silenziosa, quella dei ragazzi che non escono più, che non fanno più sport, che hanno paura di ammalarsi ma che, nonostante tutto, continuano ad avere una forte fiducia nella scienza. I giovani, spesso additati come untori, specialmente all’inizio della pandemia, hanno dimostrato invece grande responsabilità: il 90 per cento degli intervistati – nell’ambito di una ricerca dell’università degli Studi di Siena – ha deciso di vaccinarsi. Lo ha fatto per non diffondere il virus agli altri (l’85,5 per cento) e per tornare il prima possibile alla normalità così da frequentare la scuola e gli amici (il 92 per cento). Il 40 per cento degli adolescenti – ed è questo un dato inquietante – dichiara di uscire molto meno rispetto all’epoca pre-Covid, il 40 per cento di non praticare più, o meno frequentemente, i propri hobby o attività sportive. Segno, dunque, che gli spazi di socialità si sono ridotti sempre di più e che i giovani tendono a stare sempre più in isolamento (e non quello obbligatorio perché positivi al virus). Gli effetti si sono visti e li ha raccontati proprio Open parlando della necessità di un bonus psicologico oggi più che mai. Cosa sta succedendo. Chi ha scelto di non vaccinarsi lo ha fatto per la paura di un vaccino «non adeguatamente testato e con effetti a lungo termine sconosciuti». Queste le maggiori preoccupazioni, veicolate in parte dalle teorie dei No Green pass secondo cui l’approvazione dei vaccini sarebbe stata troppo veloce. Falso: la verità è che le case farmaceutiche hanno sempre rispettato tutte le fasi, altrimenti i loro vaccini non sarebbero stati di certo messi in commercio. La maggior parte dei ragazzi – si tratta di 500 studenti tra i 13 e i 19 anni, soprattutto ragazze di licei nelle scuole del Piemonte – sostiene che nel breve periodo il Covid resterà pericoloso e la causa principale viene individuata nelle varianti del virus.Nel frattempo – ed è questo il dato positivo – 2 giovani su 3 (in questo caso la ricerca è stata condotta su 1.700 studenti tra i 13 e i 19 anni di licei e istituti tecnici) si dicono abbastanza informati. Solo 1 su 5 non si informa sulla pandemia. L’emergenza sanitaria, infatti, ha aumentato l’abitudine a cercare informazioni e notizie. Il 74 per cento degli intervistati cerca news di attualità in misura pari o superiore rispetto a prima. Anche nel corso della pandemia, tra l’altro, i ragazzi hanno continuato a uscire, seppur meno, ma quello che più colpisce è la paura per i luoghi chiusi. Se alla domanda viene associata la foto di un contesto molto affollato, allora le persone si sentono ancora di più a rischio. Infine si dicono insoddisfatti per la gestione comunicativa dell’emergenza sanitaria, percepita come «confusionaria».La ricercaLa ricerca, realizzata dal Dipartimento di Economia politica e Statistica dell’università di Siena, verrà presentata oggi, 11 febbraio, in occasione del lancio della seconda edizione di Fattore J, il programma, promosso da Fondazione Mondo Digitale con Janssen Italia, azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson, che ha come obiettivo quello di accrescere nelle giovani generazioni la fiducia nei progressi della scienza, sensibilizzando verso una corretta informazione scientifica e indirizzandoli verso comportamenti responsabili per il benessere e la salute di tutti.

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