“L’amicizia tra i diversi e la bellezza della complementazione” emerge nella sesta fiaba della raccolta intitolata Oltre la fiaba di Elena Opromolla edita dalla Multimage Associazione Editoriale Attivisti della Pace e della Nonviolenza. L’accoglienza e l’accettazione dell’altro diventa dono che ripaga.
Nel bosco alpino viveva un orsetto. Era nato da pochi giorni e i suoi genitori erano morti durante un incendio. Era riuscito a cavarsela nonostante tutto, perché il corpo della madre lo aveva protetto, coprendolo.
Quando per la prima volta aveva sporto il capo al di fuori della caverna, aveva visto il sole che con la sua luce abbagliate lo aveva un po’ intimorito e quasi costretto a indietreggiare nel buio confortante della tana.
Non poteva però restare sempre nella grotta e nel buio delle sue paure: decise così di sfidare il grande occhio del sole ed uscì all’aria aperta. Vide la luce illuminare completamente il bosco, permettendogli di scoprirvi tante cose.
Vide un grande lenzuolo azzurro abbracciare il sole e tante nuvolette fargli compagnia, poi vide le cime degli alberi ondeggiare nel cielo, orgogliose di essere così alte, più alte di lui e vide gli alberi pieni di nidi, echeggianti di cinguetti.
Dopo un po’ scoprì dietro un grande masso, una lunga fila di formiche indaffarate che, come un treno, andavano su e giù in un buchino nel terreno. “Cosa facevano?” pensò.
L’avrebbe scoperto più tardi, adesso la sua curiosità lo spingeva ad andare avanti.
All’improvviso vide sul suo nasino un piccolo ragno volante che, filando filando e partendo da un alto ramo, era finito su quel suo muso da orsetto spaurito. L’animaletto spaventato da quella montagna pelosa, ebbe paura e si ritirò, divorando quel filo invisibile che lo sosteneva.
L’orsetto disorientato fu attratto subito da uno scoiattolo, piccolo come un batuffolo, con una coda vaporosa più grande del corpo stesso, che saltellava da un ramo all’altro con una grande agilità, grazie appunto a quella coda che funzionava come un paracadute.
L’orsetto incuriosito cominciò a seguirlo con lo sguardo prima e con le zampe poi, fino a quando lo scoiattolo non si fermò, per sgusciare una ghianda.
Era affascinante, per il nostro protagonista, osservare l’abilità del piccolo roditore che, con le zampette anteriori e gli incisivi sporgenti, estraeva il frutto dalla ghianda.
In un battibaleno nella gola del roditore scompariva la ghianda e l’orsetto divertito voleva fare altrettanto; cominciò a cercar ghiande anche lui, ma i suoi unghioni non gli consentivano di fare ciò che voleva; i tentativi dell’orso generarono quindi le risate dell’altro animale.
Il nostro amico, pur essendo un cucciolo, non aveva comunque la disinvoltura, l’agilità e l’abilità dello scoiattolo e, goffamente, non riusciva a prendere una ghianda, né a sgusciarla, e dopo inutili tentativi, arrendendosi, sbuffò.
L’orsetto decise comunque di aiutare lo scoiattolo nella ricerca ed il piccolo roditore gliene fu grato. Cominciò così una grande amicizia. L’orsetto superò la solitudine dei primi giorni e, felice, aspettava l’alba, per poter incontrare nuovamente lo scoiattolo.
Con il tempo anche quest’ultimo si affezionò a quel grande orso peloso che era ormai diventato un bestione goffo e dormiglione, giocherellone con gli amici del bosco e sempre in guardia contro chi li minacciava.
Lo scoiattolo qualche volta riusciva ad arrampicarsi sull’orso peloso, mentre dormiva e tra le pieghe del collo si accovacciava e schiacciava un pisolino.
Un giorno, mentre se ne stavano così dormienti, lo scoiattolo disturbato dal rumore sottile di un crepitio lontano, annusò nell’aria l’odore del fumo che il vento aveva spinto nel cuore del bosco. Tutti gli animali apparivano agitati e ciò segnalava l’imminenza di un pericolo in agguato per tutta la comunità.
L’orsetto aprì prima un occhio poi l’altro ed accortosi del suo amico, fece subito gli occhi languidi ed un grande sbadiglio; vide così agitato l’amico e comprese subito che qualcosa stava accadendo; si guardò intorno e vide le fiamme che, come lingue giganti, divoravano gli alti alberi del suo bosco.
Ebbe paura ed il suo primo istinto fu quello di chiudersi nella sua tana, ma il ricordo dei genitori gli attraversò la mente; in un istante decise di fuggire e di accogliere sulla sua pelliccia tutti gli animaletti che avevano lasciato le loro tane, ma che comunque, per le loro piccole dimensioni, non avrebbero potuto salvarsi, perché troppo lenti, rispetto alla velocità con cui avanzavano le fiamme.
Ragni, lumache, lombrichi, formiche, coccinelle e tanti altri animaletti si aggrapparono disperati al pelo orsino e, tremanti di paura, si affidarono a quell’amico enorme che, nell’amicizia di quelle piccole creature, aveva ritrovato il colore dell’amore.
L’orso, mentre scappava dal bosco, appariva in una veste curiosa mai vista prima d’allora; ondeggiava nell’aria come un’enorme manta aleggia nell’acqua e con balzi rapidi e sicuri raggiunse il lago vicino.
Mentre l’odore acre del fumo riempiva la valle, le fiamme divoravano tutto ciò che incontravano e l’aria divenne quasi irrespirabile; l’orso vide sulla riva del lago un tronco, lo spinse nell’acqua e vi si aggrappò.
Cominciò ad allontanarsi dalla riva per sfuggire al fuoco che, come la bocca gigantesta di una murena, circondò l’intero lago. Gli occhietti spaventati degli animaletti aggrappati al pelo dell’orso, guardarono le lingue di fuoco intorno al lago, che non riuscirono a divorarli.
Pian pianino le fiamme diminuirono d’intensità fino a spegnersi verso sera, mentre i nostri amici, stanchi ed infreddoliti, si avvicinarono alla sponda, dove, una volta sulla terra, si abbracciarono e raggiunsero la tana dell’orso.
Tutto intorno era brunito, il bosco era distrutto, ma la vita ricominciava dalla loro amicizia.