L’uomo dal fiore in bocca: Casillo omaggia Piradello
Luca De Lorenzo
Bass/Baritone, nato a Napoli nel 1987,si è diplomato presso il Conservatorio San Pietro a Majella ed in scenografia all' ABANA. Ha debuttato come cantante in diversi ruoli in teatri italiani ed esteri, dirige Festival musicali, si occupa di scenografia e regia. Come Attore ha lavorato per il teatro e la televisione. Si occupa di divulgazione musicale in teatro e nelle scuole.
Benedetto Casillo evoca i fantasmi del teatro napoletano tra Totò, Viviani, Moscato e Pirandello

Ph: Marta Miraglia
I grandi protagonisti dello spettacolo non esistono più. Perciò diventa lei, la morte, la vera rockstar sul palco. In “L’uomo dal fiore in bocca” diretto da Pierpaolo Sepe, in questi giorni in scena al San Ferdinando di Napoli, è rimessa a Benedetto Casillo, uno dei pochi nonché ultimi discendenti di una nobile schiatta di drammaturghi, interpreti e registi, l’evocazione di Totò, Raffaele Viviani, Enzo Moscato, nonché del geniale autore dell’atto unico che dà il titolo al lavoro, Luigi Pirandello: “Mostri sacri della scena teatrale, tutti e quattro figli dello stesso sud. Cesellatori ineguagliabili dei rispettivi dialetti, lingua per eccellenza dell’espressione dell’anima popolare” si legge nelle note.
Lo spettacolo è diviso in due momenti: nel primo, “Fiori di palco”, il vice sostituto portiere più famoso del mondo offre una miscellanea random di estratti e rivisitazioni di “‘a livella”, “Fravecature” di Viviani e vari testi moscatiani.

Ph: Marta Miraglia
I frammenti scorrono più o meno come li conosciamo, tra leggeri tradimenti e piccole invenzioni, come l’eco nella poesia di Totò quando a parlare è il nobile; a fare la differenza è come Casillo appare in scena: chapliniano, spaesato, umile davanti al fondale enorme e vuoto come davanti ai miti – ai fantasmi – che gli spetta di omaggiare, un Truman Burbank in salsa partenopea, ma sempre smarrito nel suo show.
La seconda parte propone l’atto pirandelliano in modo piuttosto filologico. La scena rappresenta l’esterno di un caffè di una stazione ferroviaria, un binario l’attraversa in primo piano. Attorno a questo muto spettatore parlano di vita e di morte Casillo e l’altro personaggio, interpretato da Vincenzo Castellone, mentre la donna è la ballerina Sara Lupoli, immersa in due danze che aprono e chiudono la veloce rappresentazione; la figura incarnata da Casillo declina, in pochi casi, l’originale testo in napoletano, riaccordandosi a sé stesso e al luogo in cui recita, a mezzo secolo dal suo debutto che avvenne proprio sulle assi che furono di Eduardo.

Ph: Marta Miraglia
Tra i nonsense, i paradossi e lo sbigottimento la vita e il suo opposto si rincorrono incessantemente: quando appare la danzatrice Castellone è inesorabilmente voltato da un’altra parte, così da far credere che sia un’allucinazione dello stesso Casillo. O è la morte che incombe inesorabile: “L’unica certezza certa della vita è la morte; eppure, per l’uomo di oggi questo è l’ultimo dei pensieri”.
Il lavoro si gioca su accorgimenti minimi ideati da Sepe, con Luisa Corcione che lo assiste alla regia; rimettendo il senso dell’operazione alla misura semplice, sobria, eppure tremendamente viva e giocosa che Casillo ha sempre offerto con la sua arte profonda: “Lavorare con Benedetto Casillo è una gioia. Bisogna lasciarlo libero di raccontare il suo modo di guardare la vita, il teatro. Bisogna arrendersi alla sua forza trascinante, al suo credo fedele, al valore che attribuisce alle cose”.

Ph: Marta Miraglia
L’uomo dal fiore in bocca Napoli attraversa epoche, emozioni e dialetti per restituirci l’essenza più autentica della scena partenopea. Continuate a seguirci su Plus Magazine per scoprire altri racconti che illuminano il palcoscenico della cultura italiana, tra radici forti e nuove visioni.