L ’origine  delle fiabe risale forse al “limbo” della preistoria, agli albori dell’umanità, e non  è attribuibile ad un unico popolo. La fiaba costituisce l’eredità morale dei nostri progenitori e favorisce ancora oggi lo sviluppo della spiritualità infantile, arricchendola con i valori fondamentali ed intramontabili dell’uomo.

Nell’immaginario collettivo la fiaba si configura ancora oggi come un breve racconto fantastico, destinato come la favola ad un pubblico non adulto, nonostante gli studi antropologici e le interpretazioni psicoanalitiche. Inoltre sovente le fiabe sono identificate con le favole e viceversa, mentre in base ad un’analisi più attenta, presentano notevoli differenze per origine, struttura e finalità. Entrambi i termini derivano dal latino ‘fabula’ che sta ad indicare una narrazione allegorica in prosa o in versi di carattere morale, in cui parlano ed operano animali o esseri immaginari.

Le favole propriamente dette, però, si contraddistinguono per la brevità, la finalità morale ed i personaggi tratti dal mondo animale, così come create dal genio di Esopo, Fedro e La Fontaine.

“La favola esopica nasce in forma scritta già intorno al III secolo dopo Cristo e si configura come genere letterario autonomo”, a differenza della fiaba che, per secoli e fino all’Ottocento, è stata tramandata oralmente di generazione in generazione.

L’origine  delle fiabe risale forse al “limbo” della preistoria, agli albori dell’umanità e non  è attribuibile ad un unico popolo. La fiaba costituisce l’eredità morale dei nostri progenitori e favorisce ancora oggi lo sviluppo della spiritualità infantile, arricchendola con i valori fondamentali ed intramontabili dell’uomo.

Sulla base degli studi dell’antropologo russo Vladimir Propp, l’origine delle fiabe è da ricercarsi nei riti di iniziazione delle prime società tribali. Pertanto, per una piena comprensione delle conclusioni a cui è pervenuto, è necessario provare ad inoltrare la memoria storica, laddove difettano le fonti specifiche, utilizzando deduzioni ricavate dalla struttura e dall’economia delle società primitive.

I ragazzi del villaggio ad un certo stadio del loro sviluppo erano condotti nella foresta vicina, ove erano sottoposti ad una serie di prove da parte dello sciamano, stregone o saggio della comunità primitiva.

Superare la paura del buio e delle belve, accettare la lontananza dal nucleo familiare, procacciare  il cibo, determinavano la maturazione dell’individuo che, rientrando in comunità, era finalmente idoneo per affrontare la sua vita da adulto.

Il ricordo di tali esperienze, attraverso il racconto orale degli anziani del villaggio, perde nel tempo i lineamenti realistici e si trasfigura in immagini di eroi, di maghi e di streghe, dalle cui azioni poi si delineano i valori del coraggio, del sacrificio, della tenacia e dell’altruismo.

Vladimir Propp, analizzando le fiabe tramandate dai cantori dei vari popoli, ne delinea la struttura comune in uno schema detto, appunto, ‘schema di Propp’.

Le sequenze sono scandite da una situazione iniziale di tranquillità, da un divieto, dalla sua relativa infrazione, dalle traversie del protagonista, dall’intervento di un aiutante, dalla lotta contro l’antagonista e dalla vittoria finale.

In ogni fiaba secondo Propp si ripetono invariabilmente i ruoli del protagonista, dell’antagonista e dell’aiutante; le azioni dei medesimi sono 31 e le funzioni più comuni si possono ritenere le seguenti: l’allontanamento, la mancanza, il danneggiamento, il divieto e l’ordine, il divieto violato, la conquista dello strumento magico, l’impresa o il compito difficile, le prove da superare, la lotta fra l’eroe e l’antagonista, le nozze dell’eroe e il premio.

(L’approfondimento continua alla prossima uscita con La religiosità ancestrale rappresentata dalle fiabe.)

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