Lex – E’ opinione diffusa in dottrina ed in giurisprudenza che l’installazione di un ripetitore sul lastrico solare di un edificio condominiale rappresenta un’innovazione, attuandosi con la sua realizzazione una parziale trasformazione della destinazione del tetto. E’ vero infatti che, relativamente allo spazio che è occupato dal ripetitore, il lastrico solare perde la sua originaria destinazione a calpestio.

Al fine di delineare le maggioranze assembleari necessarie allo scopo  che qui ci occupa, occorre distinguere l’ipotesi in cui l’installazione dell’impianto tecnologico sia destinato all’uso comune, del quale il medesimo condominio abbia deciso di dotarsi,  ovvero dell’installazione, ad opera ed a spese di un terzo, di un impianto tecnologico destinato all’utilizzo esclusivo di tale terzo.

Nel primo caso, l’approvazione dell’innovazione avverrà con le maggioranze indicate dall’art. 1120 c.c. (con spese gravanti anche sui dissenzienti, salva la specifica disciplina dettata dall’art. 1121 c.c.); nel secondo caso, nella prospettiva dell’approvazione di un atto di amministrazione (il contratto con il terzo), opererà la disciplina dell’art. 1108 c.c., comma 3.

In breve, l’atto di amministrazione costituito da un contratto di cessione totale o parziale del lastrico condominiale ad una impresa di telefonia ai fini della installazione di un ripetitore – per un tempo determinato e con la conservazione in capo al concessionario dell’esclusiva disponibilità dell’impianto (col conseguente jus tollendi) – ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, si sottrae al potere dell’assemblea, quindi, alla regola maggioritaria.

Sennonché la norma da ultimo richiamata esige “il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.”, tanto che diventa dirimente qualificare il contratto col quale viene concesso in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l’installazione di infrastrutture ed impianti (nella specie, necessari per l’esercizio del servizio di telefonia mobile), che comportino la trasformazione dell’area, garantendo comunque al detentore del lastrico di acquisire e conservare la proprietà dei manufatti sia nel corso del rapporto sia alla cessazione di esso. D’altra parte, è nella sola ipotesi di costituzione di diritti reali o locazione superiore a nove anni che viene richiesta l’unanimità dei consensi, diversamente trovando applicazione il criterio maggioritario, già visto per la diversa fattispecie disciplinata dall’art. 1120 c.c..

Qualificazione negoziale che non può prescindere dall’indagine circa l’effettiva volontà delle parti, desumibile, oltre che dal nomen juris (sicuramente non determinante, ma nemmeno del tutto trascurabile nel processo interpretativo), anche da altri elementi testuali, quali la previsione relativa alla durata, la disciplina negoziale della sorte del manufatto al momento della cessazione del rapporto, la determinazione del corrispettivo come unitario o come canone periodico, la regolazione degli obblighi del cessionario in ordine alla manutenzione della base della installazione, l’eventuale richiamo a specifici aspetti della disciplina delle locazioni non abitative; nonché da elementi extratestuali, quali la forma dell’atto e il comportamento delle parti.

Un’indagine da svolgersi non prima di aver qualificato il ripetitore “bene immobile” e “costruzione”.

Sotto il primo profilo, è certo che il ripetitore di segnale telefonia rappresenta un bene immobile, nel senso che l'”incorporazione”, a cui fa riferimento l’art. 812 c.c., è data non tanto dalla stabilità dell’unione del bene al suolo, o il tipo di tecnica usata per realizzare tale unione, o la irreversibilità dell’unione stessa, quanto dalla sua idoneità a formare oggetto di diritti non in sé isolatamente considerato, ma in quanto rapportato alla sua dimensione spaziale.

Va aggiunto che i ripetitori telefonici devono altresì considerarsi – oltre che, genericamente, beni immobili ai sensi dell’art. 812 c.c. – anche “costruzioni” agli specifici effetti tanto dell’art. 934 c.c. (e, dunque, suscettibili di accessione), quanto dell’art. 952 c.c. (e, dunque, suscettibili di costituire oggetto di un diritto di superficie). In tal senso depone il Testo Unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001), il quale, nell’art. 3, comma 1, lett. e), punto 4, ricomprende espressamente, fra gli interventi di “nuova costruzione” la “istallazione… di ripetitori per i servizi di telecomunicazione“; per altro verso, il Codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. n. 259 del 2003), il quale, nell’art. 86, comma 3, espressamente assimila alle opere di urbanizzazione primaria le “infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli artt. 87 e 88“, ossia, a mente del D.P.R. n. 259 del 2003, art. 87, comma 1, le “infrastrutture per impianti radioelettrici… e, in specie, l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonché per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all’uopo assegnate“.

La riconosciuta natura di bene immobile e costruzione al ripetitore, allora, rende ancora più necessaria l’opzione ermeneutica di cui innanzi, tanto perché il fine può astrattamente essere perseguito attraverso un contratto ad effetti reali e, precisamente, attraverso un contratto costitutivo del diritto reale di superficie, esclusa la configurabilità di altro diritto reale di godimento.

Invero, va esclusa l’utilizzabilità del modello della servitù volontaria (anche industriale, ex art. 1028 c.c.), per l’assorbente considerazione che la servitù presuppone una utilitas per il fondo dominante e, quindi, l’esistenza di un fondo dominante, nella specie non configurabile.

Così come va esclusa l’utilizzabilità del modello del diritto reale di uso disciplinato dall’art. 1021 c.c.. E’ vero, infatti, che la non riferibilità al diritto reale di uso della situazione soggettiva dell’impresa di telecomunicazioni che si renda cessionaria di un lastrico al fine di installarvi un ripetitore discende dal rilievo che l’unica facoltà che contrattualmente compete alla cessionaria è, appunto, quella di installare sul lastrico un ripetitore. Laddove la Cassazione ha chiarito che l’ampiezza del potere dell’usuario di servirsi della cosa traendone ogni utilità ricavabile, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene, non può soffrire condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo (n. 17320/2015).

Resta quindi da considerare il diritto di superficie, che unico meglio si attaglia al caso in esame; diritto che, appunto, conferisce all’acquirente la facoltà di realizzare e mantenere, sul suolo altrui, una costruzione destinata, una volta realizzata, ad entrare nella sua proprietà superficiaria e che è caratterizzato (di qui la sua realità) dalla sua efficacia erga omnes (ossia la possibilità di farlo valere nei confronti di tutti e non solo del concedente), la trasferibilità a terzi, l’assoggettabilità al gravame ipotecario.

Tuttavia, è l’interesse, di cui si fa portatore il superficiario, a caratterizzare il diritto di superficie, consistente nel realizzo della costruzione sul suolo altrui, interesse che certamente non è rinvenibile nell’utilizzatore del lastrico solare, quindi, nella compagnia di telefonia, di contro attenta alla semplice trasmissione del segnale, e solo di riflesso, alla realizzazione della costruzione.

Come correttamente rilevato dalla giurisprudenza, nel contratto volto a consentire la installazione di un ripetitore sul lastrico di un palazzo condominiale l’interesse principale del beneficiario non cade, per contro, sull’acquisizione di una generica possibilità di costruire, bensì sull’acquisizione della disponibilità di un luogo ove installare il ripetitore. Va sottolineato, infatti, che l’utilità che un ripetitore fornisce non discende dalla sua natura di costruzione, ma dalla sua posizione topografica; esso viene fissato al lastrico per ovvie ragioni di stabilità e sicurezza, ma potrebbe svolgere la propria funzione anche se fosse semplicemente poggiato sull’impiantito.

In breve, il superficiario ha come interesse esclusivo la realizzazione del manufatto, interesse che è invece solo strumentale in capo a chi vuole installare il ripetitore di segnale.

Sicché, avuto di mira l’interesse effettivo delle parti, almeno quello risultante dalle massime di comune esperienza (ben potendo il contratto disporre diversamente), è ragionevole escludere la natura di diritto di superficie al regolamento negoziale, piuttosto riconducendo la volontà delle parti ad un contratto ad effetti obbligatori.

Sul punto, le Sezioni Unite (n. 8434/2020) ritengono che deve riconoscersi al proprietario di un lastrico solare la possibilità di attribuire ad altri, mediante un contratto ad effetti obbligatori, il diritto personale di installarvi un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con facoltà per il beneficiario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto e di asportare il medesimo alla fine del rapporto. Non vi è infatti ragione per negare alle parti la possibilità di scegliere, nell’esercizio dell’autonomia privata riconosciuta dall’art.1322 c.c., se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori.

L’accordo con cui il proprietario di un’area conceda ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa e rinunci agli effetti dell’accessione e, così, consenta alla controparte di godere e disporre del fabbricato e di asportarlo alla cessazione del rapporto è riconducibile allo schema del contratto atipico di concessione dello jus ad aedificandum ad effetti obbligatori, qualificabile come tipo anomalo di locazione, in cui al locatario si concede il godimento di un terreno, con facoltà di farvi delle costruzioni di cui godrà precariamente come conduttore e che, alla fine del rapporto, dovranno essere rimosse a sua cura.

Così, in ragione dell’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall’art. 1322 c.c., la concessione ad aedificandum, non si concreta sempre e necessariamente in un diritto di superficie, ai sensi dell’art. 952 c.c., ma, in taluni casi, può assumere i caratteri e i contenuti di un diritto personale nei soli confronti del concedente, che trova la sua fonte in un contratto (atipico) con effetti meramente obbligatori non soggetto a rigori di forma o di pubblicità.

Siffatto contratto, per quanto assimilabile alla locazione (da cui attinge la disciplina, in applicazione del procedimento analogico), tuttavia, differisce dallo stesso (di qui la sua atipicità) per la maggior ampiezza dell’uso attivo del bene altrui consentito dal contratto tipico di locazione rispetto all’uso limitato al diritto di appoggio di una costruzione, che costituisce il nucleo della concessione atipica ad aedficandum (con la precisazione che anche la locazione può essere convenzionalmente limitata ad una particolare utilità).

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