Per la mini-rubrica SorprendenteMente, oggi tratteremo un argomento “scomodo”: i risvolti psicologici delle vittime di usura.

Benché apparentemente tranquilla, la provincia irpina, purtroppo, non è scevra da queste condotte illecite prive di etica morale. Onestamente, facendo (da anni) attività di volontariato presso un’associazione che aiuta proprio le vittime di usura e racket, posso dire di aver colto delle specifiche ricorrenti comuni a tutte le persone che hanno subìto l’illecito. Non posso menzionare l’associazione su questo articolo, ma per far capire l’importanza e la delicatezza della situazione in cui si trovano le persone in tali difficoltà, devo addentrarmi in alcune dinamiche.

Io, in qualità di consulente, offro supporto psicologico, ma i livelli di disagio delle vittime di usura toccano differenti aree: da quella giuridica, a quella economica a quella medica a quella sociale. È per questo, infatti, che si fa un lavoro di rete con tutte le figure professionali di riferimento che, GRATUITAMENTE, offrono la loro professionalità, intervenendo nei diversi ambiti, al fine di tutelare queste persone, ridare loro la voglia di vivere e di riprendersi la propria vita. E già, perché, se ci pensate, una unica azione illecita crea devastanti conseguenze che si espandono a macchia d’olio.

Ma cosa succede in pratica? Ve lo spiego con un esempio utilizzando un personaggio di pura invenzione che chiameremo Nicola. Nicola lavora, è sposato ed ha dei figli. Un giorno Nicola, che ha appena comprato casa nuova si trova a dover affrontare improvvise spese mediche per la salute di sua moglie che raggiungono notevoli cifre. Nicola non ha liquidità e non ha soldi da parte da poter prelevare e vuole attendere del tempo per procedere con l’iter della banca perché ritiene che perdere tempo sarebbe funesto per sua moglie. Allora Nicola si confida con qualche amico e uno dei suoi gli presenta un altro “amico” che si offre di “aiutarlo” prestandogli nell’immediato tutta la cifra di cui ha bisogno e gli dice di non preoccuparsi e di fare con calma e poi glieli restituirà. Nicola si rasserena ed utilizza tutto il denaro. Purtroppo, il “POI” non tarda ad arrivare e la cifra da restituire on corrisponde affatto a quella avuta “in prestito”; inoltre le spese mediche sono aumentate ed il sospiro di sollievo tirato da Nicola comincia a diventare un groppo ala gola. L’amico usuraio non tarda a richiedere quanto gli spetta e lo fa in diversi modi. Ci sono le minacce, le percorse, le vendette trasversali i gesti dimostrativi e chi più ne ha, più ne metta. Nicola si ritrova ad ipotecare la casa, a non poter mandare i figli alle attività extrascolastiche a perdere la propria azienda e a non sapere come fare per le spese mediche della moglie e per mettere un piatto a tavola.

Cosa è successo a Nicola a livello psicologico? Nicola è dilaniato da senso di colpa per aver trascinato la sua famiglia in un tunnel di cui non vede la luce; Nicola è terrorizzato dall’idea che i suoi figli possano essere importunati e/o malmenati o peggio ancora chi sa cosa potrebbe loro capitare. Nicola è distrutto perché una sua decisone ha dilapidato ciò che con tanti sacrifici aveva costruito in anni di duro lavoro. Nicola si vergogna e teme il giudizio della gente. Nicola sente di aver perso la fiducia della sua famiglia e che questa non lo stimi più come prima. Nicola pensa di essere un fallito e di essere l’unica causa della condizione di stenti e di disagio in cui si trova. La sua vita sociale non c’è più perché vede gli altri con occhi diffidenti, contemporaneamente li evita per non sentirsi oggetto di giudizio o di scherno e, soprattutto, non può permettersi i costi della vita sociale, fosse anche la spesa di un caffè al bar. Ovviamente la vita sociale è anche evitata perché Nicola non può dimenticare che dietro l’angolo c’è sempre ed imprevedibilmente il suo “strozzino” o chi per esso. La vita familiare di Nicola? Rovinata anche quella perché si sentirà a disagio anche in casa sua ove non è al sicuro e dove dee fare i conti con la condizione in cui ha trascinato i suoi cari e dove non si sente più l’uomo di casa, quello che “provvede” al benessere familiare. Lo stesso sarà per la relazione coniugale e l’intimità con la propria moglie che inesorabilmente, vengono seppellite dal senso di angoscia, impotenza e frustrazione. Nicola, dunque, è angosciato, depresso e sta sviluppando dei sintomi psicosomatici che per quanto essi siano segnali che, attraverso il corpo, la psiche gli dà per spingerlo a cambiare il modo di affrontare le cose, Nicola li vede solo come una ulteriore disgrazia che sente di meritare. Ma perché Nicola non ha denunciato? Perché ERRONEAMENTE, la denuncia rappresenta la conferma di non riuscire a risolvere la cosa da soli, rappresenta la il concretizzarsi di aver fatto un errore e una azione per la quale si temono ritorsioni peggiori. Invece la cosa migliore è procedere in questo senso perché, credetemi, l’esempio che ho fatto è una semplificazione estrema di situazioni veramente complesse che comprendono tentativi di suicidio.

Quindi se siete in circostanze del genere (o conoscete qualcuno che vi si trovi) rivolgetevi ad associazioni RICONOSCIUTE ed ACCREDITATE che si occupano specificatamente di queste situazioni. Ricordate che fare la cosa giusta non è sempre facile, ma la salute fisica e mentale va salvaguardata e, soprattutto, che il coraggio non è mancanza di paura, ma è agire non ostante vi sia la paura.

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