“Siamo Tutti Figli Unici” di Giacomo Casaula è il libro che questa settimana propongo per scoprire un artista poliedrico, trasversale, eclettico. Non sono appellativi a caso, al contrario. Credo rispecchino fedelmente una personalità la cui versatilità artistica lo contraddistingue. Attore, performer, scrittore, autore e direttore artistico, Giacomo Casaula nasce a Napoli nel 1992, e vive oggi a Cava de’ Tirreni. La sua esperienza proviene direttamente dal teatro, la scintilla da cui è nato tutto. La scrittura, infatti, arriva in un secondo momento, intimamente legata alla scintilla del teatro, perché Giacomo ama giocare e lavorare con le parole, caratteristica che ritroviamo anche nella sua attività di autore di testi di canzoni. 

C’è un luogo solitario e spaventoso, dove accadono cose terribili e dolorose; dove la solitudine può diventare insopportabile, e i ricordi fanno male come coltellate. Un luogo fragile e pieno di nostalgie, anche del futuro. Un luogo che può essere triste e insostenibile, dal quale tuttavia nessuno riesce a fuggire, e dove paradossalmente non si può evitare di tornare: perché è l’unico luogo dove si può trovare la salvezza. E una parvenza di felicità. Giacomo Casaula traccia i confini ed esplora, con tenerezza ed estrema delicatezza, un territorio sconosciuto che tutti percorriamo quotidianamente e che tuttavia non manca di respingerci, accogliendoci: la famiglia. Un romanzo delicato e molto emozionante, un giovane scrittore da seguire con estrema attenzione“. (Maurizio de Giovanni)

Conosciamo un artista molto interessante, che la pandemia non è riuscito a fermare, perché il suo estro si è riversato con impeto, a mo’ di un fiume in piena, nel suo ultimo lavoro “Siamo tutti figli unici”, Edito da Guida edizioni e pubblicato lo scorso maggio 2022. 

La Trama.

Una scena in una discoteca affollatissima ha come sbocco finale un unico grande tema, la solitudine.

Premessa fondamentale: l’autore, seppure ‘viziato’ e influenzato dalla pandemia, in questo romanzo non ne fa traccia o menzione del Covid. D’altronde, cole Casaula afferma, la solitudine era un elemento già presentissimo nelle vite di ognuno di noi, ben prima che il virus ce lo facesse ricordare con brutalità.

La protagonista della storia, la solitudine appunto, è dunque declinata in tutte le forme possibili; attraverso tutti i personaggi usando molto spesso narrazioni che intrecciano anche i punti di vista e le persone, con formule di scrittura anche lontane tra di loro (la lettera, la pagina di diario, i soliloqui a mo’ di sceneggiatura, i capitoli ‘intitolati’ di raccordo ecc.).

L’idea è che fosse una presenza trasversale, che andasse dai ragazzi alle generazioni precedenti. Qui urge però una ulteriore precisazione.

La solitudine è una condizione a cui tutti i personaggi del libro sono legati: la cercano, la sfuggono, la esorcizzano, ma inevitabilmente cercano di superare per creare una formula più vera ed essenziale. Qui si allaccia un secondo tema, o meglio una prosecuzione ideale del primo, cioè il sentirsi incompleti, l’incompletezza. 

Tutti i personaggi della storia sono soli perché incompleti e viceversa. Ovviamente non c’è riferimento a una condizione sentimentale ma esclusivamente esistenziale.

Forse proprio per questa condizione osmotica l’autore ha voluto che almeno la più anziana del gruppo (nonna Viola) potesse in qualche modo aver già ‘visto’ o provato queste cose, da qui l’aggancio con il deja-vu.

L’Autore ha scelto la solitudine come protagonista per ritornare a un’essenzialità che oggi manca, tutti connessi, tutti frenetici, tutti inesorabilmente soli. 

Una postilla finale il nostro autore la spende per i moltissimi e disseminati riferimenti cinematografici e musicali presenti all’interno della storia (gli Oasis, i Nirvana, i film di Verdone, Anna Magnani, la Wertmuller, Gaber, fino ad arrivare a Erminio Sinni e Brunori Sas), un modo per far sì che ci fossero dei piccoli elementi comuni in cui sia l’autore che i lettori potessero ritrovarsi.  

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