Ciao Stefano, chi sei, parlaci di te?

Mi chiamo Liv Crash, all’anagrafe Stefano. Compio 40 anni tra meno di una settimana, sono nato e cresciuto ad Avellino, ma dal 2007 abito a Milano, dove mi hanno portato la mia laurea in informatica ed il lavoro di programmatore.

La passione per la chitarra è venuta con me, insieme al mio percorso di studi, e nel corso degli anni sono riuscito a ritagliarmi i miei piccoli spazi nel panorama musicale fino a sostituire la programmazione con la musica a tempo pieno. 

In termini di passioni, non mi faccio mancare niente. 

Da ragazzo ho giocato a basket a livello agonistico, e da un po’ più grande sono passato alla Pallavolo (sempre a livello agonistico). Rimanendo nello sport, più recentemente mi sono avvicinato al ciclismo. Forse perché, data l’età, non posso più pensare di affidarmi solo al tabellone con il punteggio per trovare la motivazione di fare attività sportiva, chissà…

Mi appassiona la cultura giapponese e tutto ciò che riguarda le buone maniere, sono un assiduo lettore di manga e sono ovviamente ancora triste per la scomparsa del maestro Toriyama. Ultima ma non per importanza la passione per il montaggio video (probabilmente il lato NERD che scaturisce dagli studi informatici). Mi piace tutto il processo che va dallo shooting di un video, passando dal montaggio, la color correction fino ad arrivare al video finale.

Rimanendo invece in ambito artistico l’altra mia passione è la Zeza di Bellizzi, gruppo del quale faccio parte e per il quale faccio ritorno ad Avellino ad ogni Carnevale (feste comandate escluse si intende, ho sempre mamma e papà)

Dopo tutte queste ore che trascorro con le mie passioni, non mi faccio mancare l’ultima: il dormire!

Credo di non essere mai riuscito a fare la “persona seria” nella mia vita, non riesco a non farla una battuta anche se spesso il contesto non lo richiede. Altri difetti? Mi ricordo tutto, mi affeziono anche ai files sul pc e sono chiacchierone.

Come è iniziata la tua passione per la musica/chitarra?

Quando avevo circa 12 anni avevo una tastierina con poco meno di due ottave, mia mamma si accorse che ero in grado di ritrovare i suoni che sentivo e di riprodurli su di essa per cui decise di farmi frequentare un corso di pianoforte.

Da più grandicello il mio “bar” è diventato il negozio di dischi. Trascorrevo la maggior parte del mio tempo da “Ananas & Bananas” (questo era il nome del negozio) ad ascoltare musica e conoscere ciò che di nuovo il mondo musicale aveva da offrirmi.

A 17 anni ho iniziato ad ascoltare gli Iron Maiden, ed è stato li che tutto è cambiato. Ho iniziato a studiare chitarra (senza mai mollare del tutto il piano) e a passare la maggior parte del mio tempo con essa. Nel corso degli anni sono stati tanti i chitarristi dai quali ho cercato di “rubacchiare” qualcosa, d’altronde è così che secondo me si inizia: volendo “fare come lui”. E’ stato Dave Murray degli Iron Maiden a farmi decidere che la chitarra era lo strumento che volevo suonare. Successivamente hanno iniziato ad affascinarmi John Petrucci, David Gilmour, Slash, Jimi Hendrix. Da più grande sono poi “arrivati” Scott Henderson, Mike Stern, Steve Lukather, Cory Wong, Pat Martino. La lista è molto più lunga. Nell’aula di chitarra della scuola dove insegno ho attaccato al muro le foto di (quasi) tutti i chitarristi che sono stati per me un riferimento. Una mia allieva ne ha contati 113. Un’altra mi ha chiesto se avessi preso lezioni da tutti loro.

Qui a Milano ho iniziato a suonare in un gruppo di rock classico, come chitarrista ma anche come voce principale. E’ stato allora che ho iniziato ad intraprendere anche gli studi di canto. Non perché non avessi mai cantato prima, ma per poter cantare i Led Zeppelin o i Deep Purple c’era bisogno di qualcosa in più di quello che già sapevo fare (diffidate di cantanti famose che dicono che le lezioni di canto non servono).

Mi sa che oltre l’inizio ho aggiunto anche gran parte dello svolgimento, ma vi avevo detto che sono chiacchierone, no?

Qual è stato il tuo percorso e quali avvenimenti importanti ci vuoi raccontare?

Ho iniziato a studiare ad Avellino, dapprima pianoforte poi chitarra. A Milano ho proseguito con la chitarra ed ho aggiunto anche il canto. Ho completato diversi percorsi di studio anche con il Trinity College di Londra, ed ho in coda di terminare il conservatorio per chitarra jazz. Attualmente sono un insegnante di chitarra e nel corso degli anni il mio gruppo principale si è chiamato “Shelter”, di repertorio rock classico con cui abbiamo “messo a curriculum” un po’ di date in Lombardia, ed alcune anche in UK (Londra e Brighton) e in Olanda (Amsterdam). A parte questo, ho suonato sul palco con diversi personaggi di rilievo del mondo della musica come Walter Calloni e Andrea Braido (con cui collaboro tutt’ora), e fatto parte di una band tributo ai Rolling Stones come cantante (“facevo Mick Jagger”) con la quale ho calcato i palchi di diversi teatri con spettacoli in collaborazione con l’orchestra sinfonica. 

Il mio essere poliedrico, o meglio essere in grado di suonare diversi strumenti (chitarra, piano, basso, canto) mi ha portato ad un certo punto a dover fare delle scelte. Mi sono reso conto che avevo troppo tempo impiegato come cantante o pianista che come chitarrista (a questo mondo ci sono più chitarristi che tifosi della Juve), e molto poco tempo da “trascorrere” con la chitarra. Sebbene nel mio disco sia io a cantare, per il resto del mondo ho smesso. Lo stesso vale per il piano.

Hai scritto brani in inglese ,pensi sia più adatto a certi tipi di sonorità?

Come la maggior parte le persone che canta, non mi piace la mia voce. Oltre a questo ciò che odio di più su tutto è la mia voce in italiano.

Inoltre, la scelta di scrivere in inglese non è stata propriamente una scelta. Essendo la quasi totalità della musica che ascolto in inglese, scegliere questa lingua nel momento in cui ho iniziato a scrivere i miei brani è stata una naturale conseguenza.

Progetti futuri?

Al momento mi sto occupando della scrittura della colonna sonora di un nuovo cortometraggio (che vorremmo poi trasformare in film) “Un brindisi alla vita”, di Nikolas Lucchini.

Sono in fase di definizione inoltre le date per i prossimi concerti dove suonerò dal vivo i brani del mio disco. Al momento non posso rivelare nulla, ma i miei canali saranno sempre aggiornati così che non possiate perdervi nessuna delle novità. In ultimo, il mio secondo disco è in fase di scrittura, ovviamente in inglese.

Ci sono un po’ di idee pronte “sul fuoco” ed altre che aspettano solo di essere “partorite”.

Le tempistiche sono sempre molto aleatorie in questi casi per cui non posso dirvi se uscirà questo inverno o il prossimo anno.

Ma anche di questo, vi terrò aggiornati.

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