Editoriale – La Polizia Stradale ha tirato  le somme delle attività svolte nel 2021 nella vigilanza stradale dal 1° gennaio al 22 dicembre 2021. Sono stati fatti 1.457.383 controlli di persone e contestando 1.662.540 infrazioni al codice della strada. Tra cui 598.530 le violazioni accertate per eccesso di velocità, sono state ritirate 23.431 patenti di guida e 33.590 carte di circolazione. I punti patente decurtati sono stati 2.708.140. I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 327.443, di cui 9.371 sanzionati per guida in stato di ebbrezza alcolica mentre quelli denunciati per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti sono stati 798.  Gli infortuni hanno registrato un aumento rispetto al 2020. In particolare, a fronte di un aumento della incidentalità complessiva del 26,7% (64.162 incidenti contro i 50.625 del 2020), gli incidenti mortali (1.238) e le vittime (1.313) sono aumentati rispettivamente del 15,5% e del 14,1% mentre gli incidenti con lesioni (26.022) e persone ferite (37.268) del 26,9% e del 25,7%. L’andamento è in linea con i dati pubblicati da ISTAT nella “stima preliminare” riferita al primo semestre 2021 che, rispetto allo stesso periodo del 2020, registra un aumento del numero di incidenti stradali con lesioni a persone (65.116, pari a +31,3%), dei feriti (85.647, +28,1%) e delle vittime entro il trentesimo giorno (1.239, +22,3%). Visionando questi dati assistiamo ad un bollettino di guerra, che anche se sono confortanti rispetto ai dati del 2019 rispetto ai quali, l’andamento del fenomeno infortunistico rilevato da Polizia Stradale ed Arma dei Carabinieri risulta comunque in diminuzione: l’incidentalità complessiva diminuisce dell’11,6%, gli incidenti mortali e vittime diminuiscono del 15,4% e 17,9% cosi come gli incidenti con lesioni e persone ferite del 16,7% e del 22%.

Nonostante tutti questi dati, la realtà, come è successo pochi giorni fa a Mercogliano, è che le brutte storie di omissione di soccorso e di morte di vittime innocenti su strada sono ancora troppe e continuano a lasciare il segno e strascichi di polemiche. La Morte della dottoressa Lucia Furno di anni 68 è qualcosa di raccapricciante sia per la tragedia avvenuta, sia per le dinamiche ipotizzate la carambola tra due auto in senso opposto tra loro e senza che nessuno si sia fermato a soccorrerla. La dinamica dell’incidente supposto ha ipotizzato che la dottoressa, dopo aver lasciato lo studio medico, stava attraversando la strada in via Ramiro Marconi, al centro del comune irpino alla falde del Monte Partenio, quando è stata centrata in pieno da un’auto. Un urto violentissimo che ha sbalzato il corpo della vittima contro un’altra auto che procedeva in senso contrario.

Entrambi gli automobilisti non si sono fermati proseguendo la corsa. Lucia Furno, originaria di Sant’Angelo a Scala (Avellino), dove viveva, è stata soccorsa da alcuni passanti che hanno assistito all’investimento ma all’arrivo delle ambulanze del 118 era già deceduta. A seguito di ciò oggi risulta indagato un sessantenne.

A netto di tutte le considerazioni che si potrebbero fare e senza apparire retorici il dato di fatto è che un’essere umano, una persona dedita a curare e salvare altri esseri umani, per la professione che ha scelto di svolgere, è morta senza se e senza ma, senza trovare aiuto da parte di chi ha determinato tale azione.

L’essere umano che ha provocato ciò non ha messo in essere quei moniti di umanità che, ad esempio, oggi si levano in coro per una tragedia come la guerra in ucraina,

Per cui il quesito che pongo a tutti voi lettori, e a me che sto scrivendo, per quanto tempo ancora  e per quale diritto, concesso da chissà chi,  abbiamo di sprecare e ridurre a nulla l’essere umano e la sua esistenza?

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