“Da anni avevo il desiderio di raccontare una storia che fosse a cavallo della seconda guerra mondiale e che abbracciasse un grande arco temporale partendo dagli anni ’30 del secolo scorso fin quasi ai giorni nostri”. Così ci racconta il suo Romanzo “Vite Sospese” l’Autore Elio Sabia che ci ha concesso una sua intervista.

La voglia di trasferire al lettore le sue emozioni e le sue passioni, l’ispirazione nata da una visita guidata al Tunnel Borbonico di Napoli, il fascino esercitato sull’Autore dalla storia della prima metà del secolo scorso, dalla Belle Èpoque alle due guerre mondiali, passando attraverso le storie degli emigranti di Ellis Island, l’isola delle lacrime, che l’Autore ha visitato qualche anno fa.

“Vite sospese” è il romanzo che nasconde tante chiavi di lettura e che ha come primo punto focale “il mistero della vita”, quello che la rende imponderabile, affascinante e che rende le azioni umane speciali, qualsiasi esse siano. “Se sei finito in un baratro non avvilirti, da qualche parte c’è un’àncora per la salvezza, e se non la trovi subito comincia a sognare che accada” questo il messaggio di viscerale ottimismo che l’Autore lancia. “Vite sospese” rivolge al lettore un messaggio di speranza verso la rinnovata forza d’animo: “Mai arrendersi”.     

Intervista.                   

D.: “Vite sospese” è il suo ultimo romanzo. Le chiedo se Mario, giornalista freelance, è il suo alter ego.

R.:  Mario è solare, creativo, audace ma è anche accondiscendente, un po’ mi somiglia. La voglia, durante il lavoro di composizione del romanzo, di trasferire al lettore le emozioni, le passioni dei protagonisti, è forse questo desiderio che in fondo mi lega con filo invisibile al giornalista/scrittore Mario.

D.: Nel romanzo il protagonista, Mario, riesce ad aggiudicarsi all’asta una antica valigia. Ho la curiosità di sapere se esiste realmente la valigia e se esistono i ritrovati quaderni di Gennarino.

R.: La storia di Gennarino, racchiusa in quaderni dimenticati e poi ritrovati per caso dal giornalista Mario, mi fu ispirata durante una visita guidata al Tunnel Borbonico di Napoli, un lungo traforo al di sotto della collina di Pizzofalcone voluto da Ferdinando II di Borbone. Abbandonato, fu riutilizzato solo durante la seconda guerra mondiale, come rifugio antiaereo per tenere al sicuro la popolazione che abitava nei pressi durante le innumerevoli incursioni dei bombardieri anglo-americani sulla città di Napoli. In seguito fu adibito a deposito giudiziario fino agli anni ’70. Durante la visita, la guida ci mostrava vecchi motocicli e automobili arrugginite, abbandonate in quei luoghi da decenni. Quelle vecchie auto stuzzicarono la mia fantasia, immaginai che all’interno di una di esse potesse esserci ancora qualcosa appartenuta al proprietario, oppure dimenticata da qualcuno, pensai a un ipotetico ritrovamento di una serie di quaderni: diventeranno i quaderni di Gennarino rinvenuti in una vecchia valigia.

D.: Il ritrovamento dei “quaderni neri” di Gennarino le hanno dato l’occasione di parlare delle emigrazioni degli anni Trenta dei nostri connazionali verso gli Stati Uniti. Per la dovizia di particolari con cui lo racconta, le chiedo se è uno spaccato storico a cui è particolarmente legato o si tratta di un’esperienza di famiglia.

R.: La prima metà del secolo scorso ha sempre suscitato in me un interesse e un fascino particolare: dalla Belle Époque alle due guerre mondiali, dalla nascita dei totalitarismi alle emigrazioni.Le storie sono avvincenti, mai banali, e nel romanzo sono trattati i temi dell’emigrazione in America, con il disagio di chi è costretto a lasciare le proprie radici per trovare sostentamento lontano da casa, della prepotenza dei gangster americani, della guerra nella sua dimensione di tragedia globale. Non poteva mancare nel romanzo Ellis Island, l’isola delle lacrime, che ho visitato qualche anno fa e che rappresenta ora il santuario degli arrivi. Recentemente a Genova è sorto il Museo delle Emigrazioni Italiane e rappresenta l’altra sponda di Ellis Island: l’emigrazione vista dagli italiani che partivano, un santuario delle partenze.

D.: Quanto di biografico c’è nel suo romanzo?

R.: La perseveranza, un ottimismo indistruttibile, anche quando tutto sembra perduto, la nostalgia, a volte la malinconia, la profonda tenerezza che anima i protagonisti di “Vite sospese”, ecco questi sono i tratti che in qualche modo mi appartengono e che inconsapevolmente ho profuso nei personaggi. Nel romanzo, senza mancare di tingere la realtà di toni forti come quelli che spesso compongono la quotidianità, lancio a me e al lettore un messaggio di speranza verso la rinnovata forza d’animo.

D.: Il romanzo è sicuramente uno spunto di riflessione sul ‘mistero della vita’. Come lo ha approcciato questo tema?

R.: Vite sospese” è il romanzo che nasconde tante chiavi di lettura e che ha come primo punto focale “il mistero della vita”, quello che la rende imponderabile, affascinante e che rende le azioni umane speciali, qualsiasi esse siano. “Se sei finito in un baratro non avvilirti, da qualche parte c’è un’àncora per la salvezza, e se non la trovi subito comincia a sognare che accada” questo messaggio di viscerale ottimismo è il mio modo di vedere la vita. Mai arrendersi.                        

D.: Due vite appartenute ad epoche diverse sembrano intrecciarsi. Che peso ha dato al destino, al caso o alla coincidenza?

R.: A mio modo di vedere, il destino è una variabile casuale: si nasce in una determinata nazione, in una città o in un villaggio indipendentemente dalla nostra volontà, e non è nostro merito se nel luogo in cui viviamo regna la pace, se la nostra famiglia è benestante. Non è altrettanto nostra colpa se per sfuggire a tragedie, guerre, soprusi, violenze, carestie siamo costretti ad affrontare il mare in tempesta su un barcone. Altrettanto casuali, almeno per un certo periodo di tempo, sono i rapporti che stabiliamo con il nostro prossimo.  Il romanzo “Vite sospese” racconta di come le circostanze possono cambiare il corso degli eventi e il destino delle persone. La concomitanza di due eventi, l’accadere simultaneo o quasi di due o più fatti, questa è la definizione ordinaria di coincidenza. Ma il termine si presta a essere interpretato in varie forme. è dovuta al caso la manifestazione di certi eventi? A volte sì, a volte no. Possono essere provocate da circostanze di cui noi, volontariamente o involontariamente, siamo stati artefici? In genere attribuiamo alla coincidenza un significato ben preciso che può essere risolutivo in alcuni momenti della nostra esistenza perché magari ci provoca turbamento. A volte ci sembra quasi un’enorme stranezza perché la probabilità che due eventi si verifichino tra loro è talmente piccola che ci sembra impossibile che sia dovuta al caso. Coincidenze e Destini, sono forse le due facce della stessa medaglia? è la sorte o la coincidenza di eventi che fanno sì che i protagonisti del romanzo “Vite sospese”, Mario e Gennarino, vissuti in epoche diverse siano legati da un filo invisibile costituito dall’amore per la scrittura?

D.: Dal genere thriller dal sapore esoterico e dal fantasy – thriller dei suoi primi esordi, con “Vite sospese” cambia registro. Come mai questo cambiamento? Dettato da quale esigenza?

R.: Da anni avevo il desiderio di raccontare una storia che fosse a cavallo della seconda guerra mondiale e che abbracciasse un grande arco temporale partendo dagli anni ’30 del secolo scorso fin quasi ai giorni nostri. Ne è venuto fuori un romanzo, reale e verosimile nelle storie narrate, nei personaggi che potrebbero essere esistiti veramente: Gennarino, Rachele, Salvatore, il capitano Ferguson, la crocerossina Aurora, Irina, in alcune parti si prende spunto dal cinema neorealista italiano.  Un romanzo in un romanzo e, soprattutto, un romanzo di formazione. Gli anni ’30 del secolo scorso, con le sue miserie, l’emigrazione italiana, la mafia americana. E poi gli amori impossibili, gli amori ritrovati, la tragedia della seconda guerra mondiale, la furia di un tempo che si piega agli eventi e ne coinvolge i protagonisti senza chiedere loro il permesso; il dopoguerra, il boom economico, la mia Napoli nel corso dei decenni in alcuni tratti immutabile, le nostalgie. E poi c’è il Tunnel Borbonico che è stato realmente adibito a rifugio antiaereo durante la miriade di bombardamenti subiti dalla città di Napoli e poi c’è la voglia di risollevarsi, di ricominciare a vivere. E infine l’alone del mistero che avvolge il romanzo.

D.: I suoi attuali o prossimi progetti?

R.: Dopo “Vite sospese” c’è stata una pausa di riflessione. Mi sono cimentato finora in romanzi surreali, in parte esoterici, a volte mistery, poi ho scritto “Vite sospese” che è un romanzo di formazione. Ho intenzione di esplorare altri generi letterari, in particolare un fantasy puro e poi un thriller con venature un po’ fuori dagli schemi tradizionali. Per il fantasy, ho già scritto una ventina di capitoli e poi ho deciso di metterlo in letargo per dedicarmi al thriller. Non è il solito poliziesco (commissario, ispettore, capitano etc.) ma rientra tranquillamente nel genere, ho già scritto una quarantina di pagine e sarà terminato, spero, nel 2023. Poi ho in mente un altro romanzo d’amore struggente, ma questa è un’altra storia.

Grazie mille allo scrittore Elio Sabia.

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