Durkheim: Una Rilettura Sociologica Post Moderna
La figura di Émile Durkheim continua a essere al centro di dibattiti accademici che si interrogano sulla portata rivoluzionaria del suo pensiero. Troppo frequentemente etichettato come un conservatore difensore dell’ordine costituito, Durkheim rappresenta invece una delle menti più innovative nella comprensione delle dinamiche sociali moderne. La sua visione dell’individuo, lungi dall’essere sottoposto alla struttura macro sociale, anticipa molte delle sfide che caratterizzano le società moderna e contemporanee.
Questo articolo, basandosi sui contributi raccolti nel volume curato da Massimo Rosati e Ambrogio Santambrogio, propone una rilettura critica che restituisce a Durkheim il suo autentico profilo di pensatore progressista e lungimirante.

Emile Durkheim: tra Tradizione e Innovazione Sociologica
Tradizionalmente Durkheim ci è stato presentato come un difensore del pensiero conservatore ed olistico che quasi negava l’autonomia e la centralità dell’individuo, il quale di conseguenza assumeva una posizione marginale nei confronti delle relazioni e dell’agire sociale.
In altre circostanze il sociologo francese viene descritto come un positivista materialista così attratto dall’ordine sociale fino al punto da fargli trascurare un reale interesse per la concezione di una società dinamica ed orientata verso il mutamento sociale.
I saggi raccolti in questo manuale si contrappongono ad una retorica il più delle volte basata su elementi conoscitivi inadeguati e riduzionistici. Alla luce di un processo di rilettura e di revisione su Durkheim avvenuto negli ultimi decenni gli autori rivalutano con stili diversi, ma con un approccio comune, lo spirito polivalente e sempre attualissimo di uno dei grandi classici della sociologia.
L’Ambivalenza Creativa: Individuo e Struttura nel Pensiero Durkheimiano
Una delle questioni riprese in considerazione riguarda l’ambivalenza sociologica fra individuo e struttura sociale che contraddistingue fortemente il pensiero di Emile Durkheim.
Tale ambivalenza è da considerarsi come tratto distintivo durkheimiano a dispetto di quanti invece insistono esclusivamente sul presunto carattere anti-individualista delle sue teorie e sul fatto che egli abbia sempre posto le forze sociali al di fuori dell’attore individuale. Pur considerando i fatti sociali come esterni all’individuo e la società come una realtà sui generis (di genere proprio, unica nel suo genere), Durkheim non esclude mai il riconoscimento dell’importanza dell’individuo in quanto valore culturale ed etico prodotto dalla società stessa.
Il sociologo francese al contrario aveva fiducia nelle potenzialità creative e nelle specificità del singolo individuo e nel potere delle rappresentazioni collettive. Egli concedeva la giusta rilevanza alle relazioni strutturali del contesto storico e sociale in cui si sviluppavano e si riproducevano le interazioni individuali, seppure nei limiti e nelle condizioni poste dall’influenza della struttura sociale.
Ordine Sociale e libertà individuale nella Società Contemporanea
Durkheim è considerato un teorico dell’ordine sociale in quanto si preoccupava dell’organizzazione e del funzionamento della società, della regolarità e della stabilità delle relazioni sociali. Ciò è però vero soltanto nella misura in cui si ammette che uno dei suoi obiettivi principali riguardava la possibilità di preservare sia l’ordine sociale che la volontà individuale, proprio mediante l’azione stessa dell’individuo.
Come rimarcato dagli autori di questi saggi, Durkheim aveva dunque in mente un modello di società che credeva fortemente nell’autonomia dell’individuo oltre che nella democrazia, nell’uguaglianza e nella giustizia sociale. Durkheim aveva a cuore la costituzione di uno stato liberale, riformista e nazionalista, garante dei diritti e delle libertà individuali e di una forma di solidarietà sociale moderna definita “per differenziazione”. Si trattava di un modello di società differenziata che, di pari passo con il crescente sviluppo della divisione del lavoro, imponeva una solidarietà che diventava sempre più riflessiva, astratta e generale, un modello appunto di “solidarietà riflessiva”.
Individualismo Morale: La Sintesi Durkheimiana tra Libertà e Responsabilità sociale ed identitaria
La possibilità e la capacità di gestire la propria identità sociale in un contesto così pluralistico, dinamico, complesso ed articolato, come quello delle società moderne ed industrializzate, era legato ad una prospettiva regolativa-normativa capace di garantire agli individui una dimensione valoriale individualistica di libertà e di uguaglianza, una prospettiva indicata con il termine di individualismo morale.
Durkheim credeva in un tipo di solidarietà moderna che doveva essere in grado di valorizzare l’autorealizzazione delle potenzialità e delle specificità dell’individuo nella costruzione del proprio percorso esistenziale. Questo nel quadro di una visione funzionalista, ma centrata sulla divisione spontanea del lavoro. In questo senso era fondamentale garantire le opportunità di accesso ai ruoli socio-professionali e favorire una giustizia che attribuisse le posizioni sociali in base al merito ed all’uguaglianza delle opportunità professionali, grazie anche alla cooperazione tra funzioni specializzate e sistema sociale.
L’ideal-tipo Durkheimiano era in sostanza uno stato nazionale e cosmopolita che doveva farsi garante morale dell’autonomia dell’individuo, della giustizia delle regole sociali e della creazione di una futura società globale, fondata eticamente.
Il “Dover essere” come Autoregolazione degli individui: Verso una Società Autopoietica
Gli autori di questi saggi sono tutti concordi nel sostenere che solidarietà riflessiva ed individualismo morale costituivano i principi cardine di un invito al “dover essere”, un essere sociale che andava inteso come dovere morale ed impegno sociale, a tutela stessa della libertà individuale.
L’azione morale di controllo sociale non doveva però provenire dall’esterno e né tantomeno avvenire in maniera coercitiva, perché essa era strettamente connessa alle azioni degli individui nell’interazione “ordinata” con gli altri individui. L’ordine morale quindi poteva e doveva provenire proprio dalla azione stessa dell’individuo. Il fine principale era quello di riuscire a ridurre il più possibile i rischi di “anomia sociale” (la condizione di assenza o dissoluzione delle norme che regolano la convivenza) o di provvedere quanto meno alla sua gestione.
Sacro e Sociale: La Dimensione Morale e Spirituale della Modernità
Lo spirito guida per il benessere sociale e per la creazione di una società di persone doveva altresì provenire dall’effetto aggregativo della sfera religiosa e del sacro che, per Durkheim, nient’altro erano che la società “trasfigurata ed ipostatizzata”.
Considerando che nella modernità la società consacra l’individuo, la connessione tra sfera sociale e sfera religiosa risultava essere significativa per sottolineare l’efficacia di concetti durkheimiani quali solidarietà e legame sociale, pratiche rituali e dimensione simbolica della vita sociale. Ciò avendo comunque la consapevolezza di operare in un contesto fortemente complesso, variegato e dell’impossibilità di riuscire sempre ad evitare o annientare l’incombere dell’anomia sociale.
Ecco forse il motivo principale della spinta che induce alla riflessione sul “dover essere”, più volte messa in evidenza dagli autori dei saggi raccolti in questo manuale.
Il contributo di Durkheim alla sociologia moderna non risiede soltanto nella sua capacità di analizzare i meccanismi dell’integrazione sociale, ma soprattutto nella sua intuizione che la libertà individuale e la coesione sociale non sono forze antagoniste, bensì elementi complementari di un progetto di civiltà. In un’epoca caratterizzata da crescenti tensioni tra individualismo e solidarietà, il pensiero durkheimiano continua a offrire prospettive illuminanti per immaginare forme inedite di convivenza liberale, sociale e democratica.
La modernità, secondo questa interpretazione, non è quindi un processo di dissoluzione dei legami sociali, ma piuttosto un’opportunità per costruire forme più mature e consapevoli di solidarietà umana individuali e sociali. È questa, forse, la lezione più attuale che possiamo trarre dal grande sociologo francese: la convinzione che sia possibile conciliare autonomia individuale e responsabilità collettiva in un progetto di società più coesa, giusta e “umana”.
Bibliografia
Émile Durkheim, contributi ad una rilettura critica, a cura di Massimo Rosati e Ambrogio Santambrogio, Meltemi editore srl, Roma 2002. Con i saggi di: Alexander, Cladis, Fele, Paoletti, Rawls, Rosati, Santambrogio, Stedman Jones, Watts Miller.
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