Antonello Cossia: «Recitare è come respirare»
Luca De Lorenzo
Bass/Baritone, nato a Napoli nel 1987,si è diplomato presso il Conservatorio San Pietro a Majella ed in scenografia all' ABANA. Ha debuttato come cantante in diversi ruoli in teatri italiani ed esteri, dirige Festival musicali, si occupa di scenografia e regia. Come Attore ha lavorato per il teatro e la televisione. Si occupa di divulgazione musicale in teatro e nelle scuole.
«Recitare è come respirare», intervista ad Antonello Cossia.
Attore di teatro e cinema, con esperienze in tv e da poco anche alla regia, Antonello Cossia, napoletano, è una di quelle figure che garantiscono interpretazioni autoriali, grande versatilità e capacità di seguire chi lo dirige. Forte di 40 anni di carriera, in questa intervista dedicata ai lettori di Plus Magazine ci svela esperienze di lavoro, passioni, trucchi del mestiere e aspirazioni.
Qual è stato il suo primo incontro con il teatro e cosa l’ha spinta a intraprendere questa strada?
«Il mio primo vero incontro con il teatro è stato folgorante: vidi Aspettando Godot in un teatrino off di Napoli, ero giovanissimo. Rimasi totalmente affascinato da quella sospensione del tempo, da quelle figure così poetiche e disperate. Poi è arrivata l’università, i primi laboratori, le prime letture, l’incontro con persone che avevano il mio stesso bisogno di fare teatro. A spingermi, più di tutto, è stato un impulso irrazionale, direi fisico: era come se il mio corpo trovasse finalmente un luogo dove sentirsi giusto, esatto.»
Come si è formato artisticamente? Ci sono stati maestri o esperienze che l’hanno segnata in modo particolare?
«Mi sono formato sul campo, facendo, sbagliando, osservando. I miei veri maestri sono stati gli attori con cui ho lavorato, i registi che mi hanno diretto, le prove infinite, i silenzi dietro le quinte. Certamente l’incontro con Antonio Neiwiller è stato fondamentale, per la sua visione politica e poetica del teatro. E poi Toni Servillo, con cui ho condiviso esperienze decisive. Ma potrei citarne tanti altri: Renato Carpentieri, Cristina Pezzoli, Mario Martone. Ognuno mi ha lasciato qualcosa. Il mio è un apprendistato continuo.»

Antonello Cossia Recitare è come respirare, Ph. Marcello Merenda
C’è un ruolo che ha interpretato che sente particolarmente suo? Perché?
«Sì, direi Le voci di dentro di Eduardo De Filippo. È un testo che mi ha attraversato completamente. La sua apparente semplicità nasconde abissi di dolore, di verità taciute. Interpretarlo è stato come abitare una stanza buia, nella quale però ogni tanto filtrava una luce fortissima. Lo sento mio perché mi ha costretto a rivedere molte cose di me stesso, del mio modo di stare in scena, e anche nella vita.»
Facendo un bilancio della sua carriera, quali scelte professionali ritiene di aver fatto bene e quali opportunità le sembra di aver mancato?
Dopo quarant’anni di mestiere – sì, sono proprio quarant’anni – ci si rende conto che, in effetti, certe volte è davvero la fortuna a determinare gran parte del proprio percorso. Direi che gli errori, se ci sono stati, vanno attribuiti più alla gestione delle relazioni che a scelte artistiche. Le mie decisioni sono sempre state frutto di riflessioni profonde, di incontri cercati e coltivati con persone affini, capaci di nutrire la mia ricerca artistica.
È vero che alcune occasioni, forse, avrebbero potuto dare esiti diversi ma, a conti fatti, se tornassi indietro rifarei tutto allo stesso modo. Questo mi porta a pensare che sia stato proprio il caso, e non un errore, a determinare certe traiettorie.
L’ostinazione, il rigore, la concentrazione ce li ho messi tutti, e continuo a farlo. Forse, chissà, ho sbagliato a indirizzarli, non so. Ma, come dico spesso: non sono un attore di successo, non ho popolarità, non sono ricco. Eppure sono un uomo molto, molto fortunato. Ho incontrato tanti maestri.»
Quali sono i progetti attuali su cui sta lavorando e quali sono le sue aspirazioni future?
«Il mio cassetto è sempre pieno di progetti. Mi rapisce e mi possiede costantemente il desiderio di fare, realizzare, recitare, costruire.
Ma la realtà e la concretezza fanno il loro lavoro di persuasione e di limite: per iniziare un percorso creativo servono le condizioni giuste. Non è facile, non è come fare una passeggiata. Non è un pranzo di gala, ecco. Le aspirazioni future sono tante e molto diverse tra loro. Bisognerà vedere se si creeranno le circostanze giuste perché possano prendere forma. È faticoso, ma ce la metteremo tutta.»
Se potesse scegliere, con quale regista italiano le piacerebbe collaborare, e perché?
«Sarò sincero: può sembrare piaggeria, sudditanza o adulazione, ma non lo è. È la verità di ciò che è accaduto nel tempo. Ogni appuntamento artistico della mia vita è nato da una motivazione precisa: un provino, una richiesta del regista, un incontro che si è trasformato in curiosità e poi nel desiderio di lavorare insieme. C’è sempre stata una ragione alla base. Per questo motivo non stupisce che mi piacerebbe tornare a lavorare con ciascuno di loro, ogni volta per una ragione stilistica diversa.
Avrei desiderato moltissimo che fosse ancora in vita Antonio Neiwiller. Chissà quali strade avremmo potuto percorrere ancora insieme.
Ma, lo ripeto: Robert Carsen, Massimo Luconi, Giuseppe Di Pasquale, Cristian Plana, Toni Servillo, Renato Carpentieri, Mario Martone, Cristina Pezzoli, Andrea De Rosa, Marco Baliani, Alfonso Santagata, rifarei con gioia ogni esperienza già vissuta.
Rimetterei in piedi il bel trio artistico Cossia Di Florio Veno, e tutti gli spettacoli realizzati con Paolo Cresta. Si sarà capito, credo: rifarei esattamente le stesse cose, e anzi, a questo punto, le rifarei due volte!»
Ci parli della sua esperienza come regista. Quali sono le sfide e le soddisfazioni che ha incontrato in questo ruolo?
«Dirigo gli attori pensando al mio modo di recitare, in termini organici: coinvolgo totalmente il corpo nell’azione, cercando che ci sia sempre una totale aderenza tra corpo, voce, intenzione, movimento, parola, sguardo a seconda della narrazione da rispettare e da mettere in gioco. È un piacere, una grande soddisfazione dirigere attori. Ho un approccio che esclude totalmente il conflitto personale, pur non disdegnando affatto la messa in discussione delle proposte: sono pronto e disponibile a rivedere le mie posizioni, se il caso lo richiede.
Mi piace dirigere “suonando”, per dirla in termini musicali”.
Ha lavorato con Paolo Sorrentino per la televisione. Qual è la sua percezione di lui come regista e artista?
Ho lavorato con lui in due riprese televisive per la RAI, tratte da commedie di Eduardo De Filippo: Sabato, domenica e lunedì e Le voci di dentro, entrambe con la regia teatrale di Toni Servillo. Paolo sa perfettamente ciò che vuole, lo comunica con chiarezza a tutta l’équipe e riesce a realizzarlo al meglio. Trovo che sia davvero un eccellente regista, dotato di grande immaginazione, fantasia e una raffinatissima padronanza dell’apparato tecnico.
Questo non significa che io abbia amato tutti i suoi film, ma la stima che ho per lui è enorme.
È importante che sia all’apice del nostro cinema: ci porta in alto.»
Ph. Marcello Merenda

Antonello Cossia Recitare è come respirare Ph. Marcello Merenda