La de-estinzione del Mammut lanoso
Giuseppina Tucci
Laureanda in Scienze Biologiche con esperienza lavorativa nella cura e salute della persona, si occupa di divulgazione scientifica attraverso articoli che possano essere utili a tutti i lettori per una maggiore consapevolezza del proprio corpo e del corretto utilizzo delle risorse che il nostro mondo ci offre. Una donna dalla grande razionalità che nasconde un cuore gentile e passionale.
La de-estinzione del Mammut lanoso: dall’era glaciale al Woolly Mouse
È notizia di pochi giorni fa che, nei laboratori dell’azienda americana Colossal Biosciences, è stato ottenuto forse uno dei risultati più importanti, probabilmente il primo grande passo, per la de-estinzione del Mammut lanoso.
De-estinzione, ovvero riportare in vita una specie estinta, è un notevole progresso nelle tecniche di editing genetico ed embriologico che permette di creare cellule staminali embrionali partendo dalla pelle di un elefante.
Il sogno di riportare in vita specie animali perdute.
La nascita in laboratorio dei primi topi lanosi, geneticamente modificati per avere la folta e dorata pelliccia dell’antico e possente Mammut, riaccende la scintilla per la realizzazione del sogno di riportare in vita questa specie. La Colossal Biosciences ritiene di arrivare in pochi anni alla de-estinzione del Mammuthus primigenius e che questo potrà avere dei benefici anche per l’ambiente.
In particolare, i ricercatori spiegano che, brucando e calpestando il terreno, gli animali aiuteranno la tundra a prosperare e, di conseguenza, a non rilasciare nell’atmosfera le enormi quantità di anidride carbonica, CO2, custodite sotto terra.

Woolly Mouse
Come si è giunti, quindi, al Woolly Mouse?
La genetista Rui Chen ed il suo gruppo di ricercatori sono partiti dall’analisi di migliaia di genomi, cioè dall’insieme dei geni di un organismo, di Mammut vissuti fino a 3500 anni fa e degli Elefanti asiatici, identificando i geni che permettono di distinguere gli uni dagli altri.
Nello specifico, sono stati identificati i sette geni associati alla pelliccia, alla caratteristica distribuzione del grasso corporeo con funzione anti-freddo ed i geni corrispondenti nel DNA dei topi che, attraverso complesse tecniche di ingegneria genetica, hanno introdotto simultaneamente otto modificazioni negli embrioni di topo, ottenendo come risultato esemplari di topo lanoso.

Editing genetico
Immaginiamo un sarto impegnato a realizzare un cappotto, il nostro Woolly Mouse, che taglia con la sua forbice la stoffa, il DNA, nei punti indicati dal cartamodello. Con un lavoro di precisione cuce insieme, con ago e filo, le maniche, il collo, la parte anteriore e quella posteriore, le tasche e i bottoni. Il suo lavoro termina quando tutte le modifiche necessarie sono state effettuate, fino ad ottenere il capo pronto per essere indossato.
Ma qual è l’obiettivo dei ricercatori della Colossal Biosciences?
L’obiettivo è quello di esprimere specifiche varianti genetiche dei Mammut nell’Elefante asiatico, il loro parente più stretto, attraverso l’utilizzo dei topi come organismi modelli per testare mutazioni genetiche che potrebbero essere trasferite.
La de-estinzione non intende creare un Mammut identico, bensì riportare in vita i suoi tratti chiave per colmare le nicchie ecologiche che occupavano in un passato lontano e ripristinare la biodiversità scomparsa.

Elefante asiatico
I giganti del ghiaccio: un salto nell’era glaciale
I Mammut lanosi prosperarono durante le ere glaciali, ma la perdita del loro habitat a causa del riscaldamento climatico e dalla caccia da parte degli esseri umani contribuì alla loro estinzione. Abitavano la tundra, un ecosistema ricco di bassi arbusti, carici ed erbe, e si nutrivano di vegetazione erbacea e arbustiva.

Mammut lanoso
Vissuti tra il Pleistocene e l’Olocene in Europa, Asia settentrionale e Nord America, erano noti per le grandi dimensioni, la folta pelliccia e le imponenti zanne ricurve, con un’altezza di 3-3,7 metri e un peso di 5.500-7.300 kg. Il loro mantello era composto da un sottopelo spesso e da lunghi peli marrone scuro che potevano superare i 70 cm. Per resistere al freddo, disponevano di uno strato di grasso isolante, di una pelle spessa e di orecchie piccole per ridurre la dispersione di calore. Avevano, inoltre, una gobba sulla schiena che fungeva da riserva di grasso ed energia.
Il Woolly Mouse: prima tappa per la de-estinzione
Lo studio diretto sugli elefanti è complesso a causa del lungo periodo di gestazione (22 mesi) e di questioni etiche e per superare questi ostacoli, gli scienziati della Colossal Biosciences hanno applicato le avanzate tecniche di ingegneria genetica ai topi da laboratorio, che invece hanno un ciclo riproduttivo rapido (20 giorni).

Topo lanoso
Non chiarisce , però, i meccanismi attraverso i quali i geni producono diversi tipi di pelo, che la de-estinzione dei mammut sarebbe molto più complessa che alterare semplicemente alcuni geni per la tolleranza al freddo e, non ultimo, se sarebbero necessarie modifiche genetiche per garantire che gli animali non solo assomiglino ai mammut ma si comportino anche come loro.
Se questo articolo vi ha incuriosito interagite con noi attraverso i vostri commenti e continuate a seguire la nostra rubrica dedicata alle Scienze sempre qui su Plus Magazine e sulla nostra pagina Facebook.