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Imma Villa e Scannasurice

Luca De Lorenzo

Luca De Lorenzo

Bass/Baritone, nato a Napoli nel 1987,si è diplomato presso il Conservatorio San Pietro a Majella ed in scenografia all' ABANA. Ha debuttato come cantante in diversi ruoli in teatri italiani ed esteri, dirige Festival musicali, si occupa di scenografia e regia. Come Attore ha lavorato per il teatro e la televisione. Si occupa di divulgazione musicale in teatro e nelle scuole.

Pubblicato il: 1 Marzo 2025
5 min lettura

Imma Villa racconta Scannasurice e il grande Moscato. Aveva già interpretato il ruolo ibrido, senza identità né connotazioni di genere, protagonista di Scannasurice, quando il creatore della drammaturgia, ovvero Enzo Moscato, era in vita. L’attrice Imma Villa, anche docente di teatro nel suo Elicantropo, si è ritrovata in quei panni di nuovo, nell’ambito della rassegna We Love Enzo, diretta ancora una volta da Carlo Cerciello. Oggi parla a Plus Magazine di quello spettacolo e del grande drammaturgo e regista napoletano scomparso poco più di un anno fa.

Interpretare l’opera di Moscato: vantaggi e criticità.

«L’opera di Enzo Moscato è complessa e originale soprattutto nel linguaggio, questo la rende particolarmente affascinante e molto impegnativa da affrontare.

I vantaggi riguardano in modo particolare la ricchezza di significati: i suoi testi sono densi di riferimenti culturali, storici e personali e offrono molti livelli di lettura e interpretazione.

Moscato utilizza un linguaggio ricco di neologismi, dialettismi e citazioni, creando un universo sonoro unico e stimolante. Inoltre c’è il discorso della teatralità totale, perché le sue opere coinvolgono tutti i sensi, attraverso l’uso di luci, suoni, costumi e scenografie elaborate, offrendo un’esperienza immersiva per lo spettatore, che è quello che ha fatto il mio compagno Carlo Cerciello nella costruzione della rappresentazione di Scannasurice. Proprio pensando a questo personaggio mi viene in mente il discorso dell’originalità dei temi: Moscato affronta tematiche complesse e spesso scomode come la malattia, la morte, l’identità di genere e la marginalità sociale, con uno sguardo poetico e provocatorio.»

E le difficoltà?

«La principale difficoltà riguarda proprio il linguaggio. La ricchezza linguistica e la mescolanza di registri possono rendere difficile la comprensione immediata del testo. Le opere di Moscato sono spesso caratterizzate da una struttura con salti temporali e cambiamenti di prospettiva che richiedono uno sforzo interpretativo sia per chi interpreta che per chi ascolta. Ci sono molti riferimenti culturali e occorre una documentazione dopo lo spettacolo, e questo è sempre un bene per lo spettatore che, però, può anche sentirsi spiazzato se è abituato a forme teatrali più tradizionali. Interpretare un’opera di Moscato richiede un impegno attivo da parte dello spettatore che è chiamato a confrontarsi con un linguaggio complesso, una struttura frammentaria e temi originali. Tuttavia, la ricchezza di significati e la profondità poetica delle sue opere offrono un’esperienza unica e stimolante».

Scannasurice è un testo creato nel dopo terremoto. È ancora attuale nella Napoli di oggi?

«Assolutamente sì. Nato nel 1982, due anni dopo il terremoto dell’Irpinia, il testo di Moscato è una potente metafora della precarietà, della marginalità e della lotta per l’identità in una città ferita e trasformata dal sisma. La figura di Scannasurice, un “femminiello” che vive nei bassifondi di Napoli, rappresenta la voce degli esclusi, di coloro che non rientrano nelle categorie sociali tradizionali.

Nonostante siano passati più di 40 anni Scannasurice continua a risuonare con forza nella realtà napoletana contemporanea: i temi che affronta, dalla disoccupazione alla povertà, dalla discriminazione alla violenza, sono ancora drammaticamente attuali. La Napoli di oggi, pur con le sue evoluzioni, si trova ancora a fare i conti con le stesse problematiche che emergevano nel testo di Moscato. Non è solo uno spettacolo teatrale, ma un vero e proprio atto di denuncia e di amore verso la città e i suoi abitanti. Il testo invita alla riflessione sulla necessità di superare le divisioni sociali, di combattere le ingiustizie e di dare voce a chi non ce l’ha. La sua attualità risiede nella capacità di stimolare un dibattito aperto e onesto sulle sfide che ancora adesso Napoli ha davanti. E parla anche al singolo uomo di ogni Paese perché lo invita a guardarsi nel profondo. Scannasurice continua a parlare al presente pure tramite una lingua potente e un personaggio indimenticabile. E poi non si piange mai addosso ma attraversa con forza e coraggio ogni momento della sua vita, con atteggiamento a volte provocatorio, senza però mai cadere nel moralismo o nel vittimismo.»

Come si è trovata a interpretare il personaggio del lavoro, essere dal genere fluido, ma non solo, un po’ bella’mbriana e in parte creatura degli inferi partenopei?

«Il personaggio ibrido che ho interpretato in questo lavoro è stata una sfida affascinante e stimolante. La sua fluidità di genere e la sua natura di creatura degli inferi partenopei mi hanno permesso di esplorare una vasta gamma di emozioni e sfumature. Dall’altro lato, ho dovuto immergermi nella mitologia e nel folklore napoletano per comprendere appieno la natura oscura e soprannaturale dell’identità che si cela in lei. È stato un processo di ricerca e di immedesimazione molto intenso, che mi ha portato a scoprire aspetti inediti della mia stessa creatività. Il risultato è un personaggio complesso e sfaccettato, capace di suscitare empatia e inquietudine, amore e paura. Sono convinta che il pubblico saprà apprezzare la sua originalità e la sua forza espressiva.»

La grandezza di Moscato in un’immagine.

«Moscato!»

Un ricordo su tutti che la lega a lui.

«Non è semplice individuare un singolo ricordo che mi leghi in modo univoco a Moscato, ma sicuramente ho nel cuore il suo intervento ai ragazzi del laboratorio del teatro Elicantropo. È entrato in punta di piedi ringraziandomi per l’interpretazione e poi si è dedicato ai giovani con umiltà e generosità, ha raccontato la sua storia di attore e drammaturgo ma anche di filosofo, perché le sue opere sono vere e proprie riflessioni sul senso della vita.

In conclusione, Moscato è stato un artista poliedrico e originale, capace di lasciare un segno indelebile nel teatro italiano. La sua figura è legata a molti ricordi, ma soprattutto alla sua capacità di raccontare storie intense ed emozionanti, con un linguaggio unico e personale».

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