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L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

Luca De Lorenzo

Luca De Lorenzo

Bass/Baritone, nato a Napoli nel 1987,si è diplomato presso il Conservatorio San Pietro a Majella ed in scenografia all' ABANA. Ha debuttato come cantante in diversi ruoli in teatri italiani ed esteri, dirige Festival musicali, si occupa di scenografia e regia. Come Attore ha lavorato per il teatro e la televisione. Si occupa di divulgazione musicale in teatro e nelle scuole.

Pubblicato il: 11 Aprile 2025
5 min lettura

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione. Ecco il mio ricordo di lui per i lettori di Plus Magazine.

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

Il senso della solitudine lo ha accompagnato anche oltre la vita. Neppure la morte ha interrotto quell’aura schiva, appartata, che per decenni ha avvolto Roberto De Simone, genio assoluto della cultura italiana del secondo Novecento. Si è spento domenica 6 aprile alle 21, all’età di 91 anni. Il mattino seguente, a salutarlo, c’erano solo pochi amici e discepoli. Un commiato intimo per chi, per molti, era semplicemente “il Maestro”; per altri, il regista visionario, il compositore capace di innovare la tradizione con idee rivoluzionarie; l’antropologo che indagava i retaggi più profondi della cultura popolare, restituendoli in opere capaci di incendiare il cielo di carta della borghesia con la potenza del sottoproletariato e della memoria contadina. In via Foria 106, dove De Simone abitava da quarantacinque anni — e dove potrebbe sorgere una casa museo — c’era Alfredo Napoletano, il barbiere di fiducia del Maestro, lo stesso di Eduardo e Sergio Bruni. «Roberto diceva che ero l’ultimo posteggiatore. Dopo aver sentito la mia voce, mi fece incidere un disco», racconta. «Mi ha chiamato pochi giorni fa. Gli ho fatto barba e capelli, l’ho visto per l’ultima volta.» C’erano anche Davide Iodice, regista cresciuto nel suo culto, troppo commosso per parlare, lo scenografo Gennaro Vallifuoco, l’illustratrice Dadà Di Donna e Paolo “Show One” Romano, rapper e fondatore de La Famiglia, che De Simone volle sul palco quando nessuno se lo aspettava. «Mi cambiò la vita. Quando mi chiamò ero titubante, quasi mi costrinse ad andare in scena. Aveva ragione: mi innamorai del palco. Ma non è solo una perdita personale: è una ferita per l’intera collettività cittadina e per la cultura italiana.»

La gatta cenerentola

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

Ad accogliere i pochi presenti, il nipote Alessandro, Direttore d’orchestra e musicista raffinato, che ricorda un uomo lucido e attivo fino alla fine: «Zio stava lavorando a un nuovo progetto: un monologo tratto da Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello, rivisitato attraverso il testo originale di Jean Cocteau, da affidare a Isa Danieli».

Nel pomeriggio è passato a rendergli omaggio anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi: «Siamo profondamente addolorati. Napoli perde un riferimento culturale che ha saputo portare in tutto il mondo le nostre tradizioni, con uno spirito innovativo straordinario». Ma il pensiero è andato presto a ciò che resta: l’immenso patrimonio lasciato da De Simone, una collezione di oltre 47mila pezzi tra incisioni, spartiti antichi, registrazioni di canti e racconti raccolti sul campo, soprattutto negli anni ’60 e ’70, viaggiando nei borghi del Mezzogiorno.

Oltre al materiale etnografico, l’archivio custodisce una ricca pinacoteca — tra cui un dipinto di Luca Giordano nella sua camera da letto — una sterminata biblioteca e una preziosa collezione di presepi. Parte del fondo è già stato trasferito in un edificio a Portici, ma resta ancora da definire una destinazione definitiva.

«Ci stiamo confrontando da tempo con la famiglia per valorizzare l’archivio nel migliore dei modi. Il nostro obiettivo è conservarne la memoria e lo straordinario contributo artistico», ha confermato Manfredi. «Una delle ipotesi è trasformare l’appartamento in cui ha vissuto in una casa museo. Ora bisogna capire se e come potremo realizzarla.»

Chissà se davvero ci sarà un museo. Intanto, resta l’eco di un artista che non ha mai smesso di dividere, ma che oggi più che mai appare come l’ultimo grande genio italiano del Novecento.

Non è stato solo un regista teatrale, compositore e musicologo italiano, è stato un importante capitolo della cultura italiana, ultimo vero maestro del popolo.

Come tutti i grandi uomini è morto ”Solo”.

Una vita per la musica, la scena e la memoria

Nato a Napoli nel 1933, Roberto De Simone si iscrisse a soli 10 anni al Conservatorio “San Pietro a Majella”. A 15 era già capace di scrivere e suonare le cadenze del Concerto K.466 di Mozart, di cui sarebbe diventato uno dei primi esperti mondiali.

Conservatorio

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

Nel 1967 fondò con Giovanni Mauriello, Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò la Nuova Compagnia di Canto Popolare, gruppo pionieristico nella riscoperta della musica popolare. In seguito, vi entrarono Peppe Barra, Fausta Vetere e Patrizio Trampetti: da questo nucleo nacque La Gatta Cenerentola, capolavoro teatrale con Isa Danieli, Antonella Morea e Franco Iavarone, che consacrò De Simone nell’olimpo dell’arte.

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

L’ultimo silenzio di Roberto De Simone, il genio che ha acceso la tradizione

Tra le sue opere più significative: il Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini (1985), la Festa Teatrale per i 250 anni del Teatro San Carlo (1987), le musiche corali per l’Agamennone di Eschilo (1995) e l’opera Eleonora, dedicata alla rivoluzione napoletana del 1799 (1999). Collaborò con Edoardo Bennato all’album Non farti cadere le braccia, in cui viene citato nella canzone Rinnegato.

Nel 1998 fu nominato Accademico di Santa Cecilia, e ricevette dal presidente francese il Cavalierato delle Arti. Per i 250 anni dalla nascita di Mozart, nel 2007, ideò Là ci darem la mano, spettacolo di burattini premiato con l’ETI – Gli Olimpici del Teatro.

Studioso instancabile, riscrisse per Einaudi Lo cunto de li cunti, pubblicò testi sulla tradizione del presepe napoletano e sulla Cantata dei Pastori. E fino all’ultimo ha progettato, sognato, cercato.

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